In linea di principio, la fusione (o scissione) tra soggetti diversi è ammessa nella misura in cui è ammessa la trasformazione.
In sostanza, quella che è una formale fusione dà luogo agli stessi effetti di una trasformazione con riguardo al soggetto che, per effetto dell’operazione, vede cambiato il proprio statuto sociale, e, trattandosi di fusione eterogenea, anche la propria natura (commerciale/non commerciale; societaria/non societaria).
Fusioni con soggetti non societari
Come è noto, a seguito della riforma societaria del 2003 è divenuta possibile anche la trasformazione di società in soggetti non societari, e viceversa. Di conseguenze dovrà ritenersi ammessa la fusione che ottenga un risultato analogo, in base ai principi che verranno qui individuati. Oltre che dal punto di vista del diritto societario, la questione ha effetti rilevanti sul trattamento fiscale dei soggetti coinvolti, dato che la società determina il proprio reddito secondo le regole delle imprese mentre gli enti non societari possono essere commerciali (tassati alla stregua di società, come soggetti IRES) ovvero non commerciali (con reddito determinato secondo le regole delle persone fisiche, ma comunque soggetto a tassazione IRES).
Fusione eterogenea = trasformazione
Dovendo esaminare da vicino le problematiche relative alla trasformazione degli enti non commerciali, si ritiene utile il riferimento allo studio 32-2010/I, predisposto e reso disponibile sul proprio sito internet dal Consiglio Nazionale del Notariato (CNN).
Ferma restando la causa lucrativa, la tipologia giuridica delle società può essere variata dai soci, sia permanendo nell’alveo delle società di persone o di capitali, sia uscendone, mediante forme di trasformazione “progressive” (da società di persone a società di capitali) o “regressive” ...