Il trasferimento del lavoratore è disciplinato, per tutti i livelli di inquadramento e contratti nazionali, dall’art. 13 dello Statuto dei Lavoratori (che riprende integralmente l’ultima parte dell’art. 2103 c.c.).
Il trasferimento dei lavoratori da una sede di lavoro ad un’altra è, pertanto, regolato da fonte legale, prima ancora che dai Contratti Collettivi di lavoro. Più precisamente, l’art. 2103 c.c. dispone che il trasferimento possa essere attuato solo in presenza di "comprovate ragioni tecniche organizzative o produttive".
Il caso di Ferrovie
Nel Contratto delle Attività Ferroviarie, l’istituto del trasferimento è disciplinato dall’art. 45, nel quale, peraltro, viene specificato cosa si convenzionalmente si intende per unità produttiva ai fini del trasferimento: essa è composta anche da più sedi di lavoro ubicate nel territorio del medesimo comune, nel caso di comune capoluogo di provincia, ovvero comprende il comune della sede di lavoro originaria ed il comune limitrofo, nel caso di comune non capoluogo di provincia.
Per quanto sopra, lo spostamento di un lavoratore all’interno del medesimo comune, o nel comune limitrofo in caso di comune non capoluogo di provincia, non integra la fattispecie di trasferimento individuale, bensì di mobilità individuale ai sensi dell’art. 46 CCNL AF.
Nel caso di trasferimento individuale disposto dall’azienda (non su domanda, quindi) in applicazione del sopraccitato art. 45 CCNL, al lavoratore spettano delle indennità, in ragione del disagio subìto.
Nello specifico, ai sensi dell’art. 78 CCNL AF, al lavoratore competono:
- il rimborso delle spese documentate di trasporto, anche in relazione a mobilio, arredamento e bagagli, previ opportuni accordi da prendersi tra Azienda e lavoratore
- il rimborso dell’eventuale indennizzo dovuto dal dipendente per anticipata risoluzione del contratto di affitto per un importo massimo pari a sei ...