Giudizio di primo grado
Con ricorso depositato in data 26 gennaio 2016, alcune lavoratrici hanno chiesto al Tribunale di Torino:
1) di accertare e dichiarare la natura discriminatoria del comportamento del datore di lavoro, consistente nel mancato computo delle assenze dovute a causa di gravidanza, maternità, congedi parentali e permessi per malattia dei figli, al pari della effettiva presenza in servizio, nella determinazione del premio di risultato;
2) di condannare, conseguentemente, il datore di lavoro ad effettuare il computo delle assenze dovute a causa di gravidanza, maternità, congedi parentali e permessi per malattia dei figli come effettiva presenza in servizio, ai fini del calcolo del premio di risultato, a far data dal 2009 e sino al deposito del ricorso, e a pagare a ciascuna ricorrente le conseguenti differenze retributive sul calcolo del premio di risultato, oltre interessi e rivalutazione monetaria.
Il datore di lavoro si è costituito in giudizio, ed ha resistito alle domande.
Altresì, nel giudizio, è intervenuta la Consigliera di Parità della Regione Piemonte e ha chiesto al Tribunale di accertare e dichiarare la natura discriminatoria del comportamento, e condannare la società al risarcimento dei danni, da liquidarsi – in via equitativa ai sensi dell’art. 1226 c.c. – in misura non inferiore ad euro 10.000,00.
La norma a tutela della maternità e paternità
In punto di diritto, è stato evidenziato che il D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità) prevede che: è vietata qualsiasi discriminazione per ragioni connesse al sesso con particolare riguardo ad ogni trattamento meno favorevole in ragione dello stato di gravidanza, nonché di maternità o paternità, anche adottive, ovvero in ragione della titolarità e dell’esercizio dei relativi diritti (art. 3); le lavoratrici hanno diritto ad un’indennità giornaliera pari all’80% della retribuzione per tutto ...