La permuta si distingue dal contratto di compravendita per la natura della controprestazione, rappresentata non dalla corresponsione di un prezzo in danaro, bensì dalla cessione di un bene o di un diritto.
Secondo un orientamento manifestato dalla giurisprudenza di legittimità, l’equivalenza delle due prestazioni non è un elemento essenziale del contratto, che può qualificarsi come permuta anche se vengono scambiati due beni di valore differente. La sua causa tipica è infatti identificabile nel reciproco trasferimento di beni, indipendentemente dal loro valore.
Se è prevista la corresponsione di un conguaglio in denaro, ai fini della qualificazione del rapporto giuridico potrebbe essere necessario verificare la prevalenza del valore dell’oggetto scambiato rispetto al conguaglio stesso (secondo tale interpretazione, costituirebbe “permuta” – anziché cessione – il contratto nel quale il valore dell’oggetto scambiato prevale sul conguaglio in denaro).
Per quanto riguarda la determinazione del valore della permuta, la Corte di Cassazione (Sent. n. 9088 del 16 aprile 2007) ha affermato che, “una volta esclusa la duplicità dei negozi ovvero l’ipotesi del contratto con causa mista, occorre avere riguardo non già alla prevalenza del valore economico del bene in natura ovvero della somma di denaro, bensì alla comune volontà delle parti, verificando se esse hanno voluto cedere un bene contro una somma di denaro, commutando una parte di essa, per ragioni di opportunità, con un altro bene, ovvero hanno concordato lo scambio di beni in natura, ricorrendo all’integrazione in denaro soltanto per colmare la differenza di valori tra i beni stessi”.
La permuta immobiliare
Il Consiglio Nazionale del Notariato (CNN), nello Studio tributario 111-2011/T del 15 luglio 2011, ha esaminato il corretto trattamento tributario, ai fini delle imposte indirette, del trasferimento di una pluralità di immobili ...