Cedolare secca al 10% invece che al 21%; sconto del 30% sul reddito da dichiarare ai fini IRPEF per chi sceglie la tassazione ordinaria e riduzione dell’imposta di registro; taglio del 25% per IMU e TASI.
Tante le agevolazioni fiscali riconosciute a chi decide di dare in locazione gli immobili a canone concordato.
Per ottenere queste agevolazioni, però, dallo scorso anno si aggiunge un nuovo obbligo: l’asseverazione del contratto da parte delle associazioni degli inquilini, in tutti i casi in cui il contratto è stipulato in autonomia tra le parti.
Un obbligo che riguarda, però, solo i proprietari di immobili che si trovano nei Comuni nei quali sono stati stipulati i nuovi accordi territoriali alla luce del decreto del Ministero delle infrastrutture del 16 gennaio 2017 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 62 del 10 marzo 2017) che attua la convenzione nazionale firmata tra le sigle della proprietà edilizia e i sindacati degli inquilini.
Le nuove disposizioni sull’asseverazione, infatti, si applicano solo per i contratti stipulati sulla base di quanto previsto dal decreto.
Non cambia nulla, invece, per chi dà in locazione immobili nei quali sono ancora in vigore i vecchi patti, anche se si stipulano nuovi contratti.
I contratti a canone concordato
La disciplina delle locazioni abitative (legge n. 431/1998) prevede che le parti possono stipulare contratti a canone concordato, ossia contratti in cui il valore del canone, la durata del rapporto e altre condizioni sono definiti sulla base di quanto stabilito in appositi accordi conclusi in sede locale tra le organizzazioni della proprietà edilizia e le organizzazioni dei conduttori maggiormente rappresentative (art. 2, comma 3).
Le tipologie di contratto alle quali è applicabile il canone concordato a livello locale sono tre:
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