Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello Sviluppo Economico del 27 maggio 2015, sono state disciplinate le modalità attuative dell'agevolazione, rispetto alla quale l'Agenzia delle Entrate ha fornito i principali chiarimenti con le Circolari 16 marzo 2016, n. 5/E; 27 aprile 2017, n. 13/E; 16 maggio 2018, n. 10/E e con Risoluzione 22 giugno 2018, n. 46/E.
Il bonus ricerca e sviluppo
Come anticipato, il bonus ricerca e sviluppo è un'agevolazione fiscale introdotta dall’art. 3, comma 1, del D.L. 23 dicembre 2013, n. 145 (c.d. decreto Destinazione Italia), convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9, interamente sostituito dall'art. 1, comma 35, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, e da ultimo modificato dall'art. 1, comma 15, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, che riconosce a tutte le imprese che effettuano investimenti in attività di ricerca e sviluppo, "a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e fino a quello in corso al 31 dicembre 2020", un credito di imposta commisurato alle spese sostenute in eccedenza rispetto alla media dei medesimi investimenti realizzati nei tre periodi d'imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2015.
Tale agevolazione consiste nel riconoscimento di un credito d’imposta a tutte le imprese, indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico in cui operano nonché dal regime contabile adottato, che effettuano investimenti in attività di ricerca e sviluppo in misura pari al 50% della spesa incrementale rispetto all’investimento medio relativo ai tre periodi d’imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2015.
Il bonus ricerca e sviluppo consiste, quindi, nella possibilità di usufruire, per le imprese che investono negli anni 2016, 2017, 2018, 2019 e 2020 nel settore della ricerca e dello sviluppo. Questo al fine di aumentare l’innovazione e la loro competitività ottenendo in cambio un credito di imposta (art. 3, comma 1, D.L. n. 145/2013).
Il credito spetta anche alle imprese residenti o alle stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti che eseguono le attività di ricerca e sviluppo nel caso di contratti stipulati con imprese residenti o localizzate in altri Stati membri dell'Unione europea, negli Stati aderenti all'accordo sullo Spazio economico europeo ovvero in Stati compresi nell'elenco di cui al D.M. Finanze 4 settembre 1996.
Requisiti e condizioni di applicazione
Il credito di imposta ricerca e sviluppo è riconosciuto a ciascun beneficiario, per ogni anno, in cui le spese sono state sostenute (art. 3, comma 3, D.L. n. 145/2013).
Questo rispettando le condizioni che la spesa per gli investimenti in attività di ricerca e sviluppo, sia per ciascun anno di imposta di almeno 30 mila euro e che si realizzi un incremento delle spese in esame rispetto al triennio precedente.
Il credito è riconosciuto fino all’importo massimo annuo di euro 20 milioni (in precedenza euro 5 milioni) nelle seguenti misure:
- 50% della spesa incrementale per i costi per il personale impiegato nelle attività di ricerca e sviluppo e contratti di ricerca stipulati con Università, Enti e organismi di ricerca, altre imprese;
- 50% della spesa incrementale per strumenti ed attrezzature di laboratorio, competenze tecniche e privative industriali.
Personale altamente qualificato
Si precisa che dal 2017 l’agevolazione spetta a prescindere dal fatto che il personale sia altamente qualificato e in possesso di un titolo di dottore di ricerca, ovvero di personale iscritto ad un ciclo di dottorato presso Università italiana o estera, o in possesso di laurea magistrale in discipline di ambito tecnico o scientifico.
Nell’originaria stesura del testo normativo, la condizione necessaria per poter beneficiare del bonus, era che il personale fosse “altamente qualificato.
Costi agevolabili
I costi ammissibili per poter fruire dell’agevolazione in questione sono i seguenti:
- personale impiegato nelle attività di ricerca e sviluppo;
- quote di ammortamento delle spese di acquisizione o utilizzazione di strumenti e attrezzature di laboratorio. Nei limiti dell’importo risultante dall’applicazione dei coefficienti stabiliti dalla normativa di riferimento. Questo in relazione alla misura e al periodo di utilizzo per l’attività di ricerca e sviluppo. E comunque con un costo unitario non inferiore a 2.000 euro al netto dell’IVA;
- spese relative a contratti di ricerca (extra-muros) stipulati con Università, enti di ricerca e organismi equiparati. Oppure con altre imprese comprese le start-up innovative (le start up innovative sono società di capitali che hanno come oggetto sociale lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico, come previsto dall’art. 25 del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221);
- competenze tecniche e privative industriali relative a un’invenzione industriale o biotecnologica, a una topografia di prodotto a semiconduttori. Oppure a una nuova varietà vegetale, anche acquisite da fonti esterne.
A norma del comma 5 dell’art. 3 D.L. n. 145/2013, non si considerano attività di ricerca e sviluppo le modifiche ordinarie o periodiche apportate a prodotti, linee di produzione, processi di fabbricazione, servizi esistenti e altre operazioni in corso, anche quando tali modifiche rappresentino miglioramenti.
Il D.L. 12 luglio 2018, n. 87, c.d. decreto Dignità, convertito con modifiche in legge 9 agosto 2018, n. 186, ha escluso dal credito d'imposta in questione alcuni costi di acquisto, anche in licenza d'uso, di beni immateriali connessi ad operazioni all’interno del gruppo societario (si considerano appartenenti al medesimo gruppo le imprese controllate da un medesimo soggetto, controllanti o collegate ai sensi dell'art. 2359 c.c.). Si tratta di spese relative a competenze tecniche e privative industriali. La disposizione trova applicazione a decorrere dal periodo d'imposta in corso al 14 luglio 2018.
La legge di bilancio 2017
A seguito delle novità apportate dalla legge di bilancio 2017 (art. 1, comma 15, legge n. 232/2016, di modifica dell’art. 3 della legge n. 145/2013), con Circolare n. 13/E/2017, l’Agenzia delle Entrate ha fornito ulteriori chiarimenti sul bonus ricerca e sviluppo rispetto alla precedente Circolare n. 5/E/2016, con particolare riguardo ai costi agevolabili.
In particolare, si è precisato che rientrano nella nozione di “personale non altamente qualificato” non solo i tecnici di laboratorio o ricercatori, ma tutto il personale che svolge attività connesse e coerenti con l’oggetto dell’attività di ricerca svolta.
Non assumono, invece, rilevanza i costi riferiti al personale con mansioni amministrative, contabili, commerciali nonché il personale addetto alla logistica, al magazzino, alla vigilanza, alle pulizie.
Quanto alla retribuzione lorda da considerare ai fini dell’individuazione del costo agevolabile rilevano tutte le componenti del costo del lavoro, compresa la quota di TFR maturata dai dipendenti, i premi di produzione. La quota che assume rilevanza ai fini del credito è quella maturata giuridicamente nell’anno ai sensi dell’art. 2120 c.c. in misura proporzionale alla retribuzione corrisposta al dipendente per l’attività di ricerca e sviluppo prestata.
In merito alle spese per strumenti e attrezzature di laboratorio, l’ammontare minimo, pari a 2.000 euro, su cui calcolare le quote di ammortamento, va riferito al costo unitario di acquisizione del bene, determinato ai sensi dell’art. 110 del TUIR.
Con riferimento alle spese per competenze tecniche, l’Agenzia delle Entrate precisa nella Circolare n. 13/E/2017 che possono rientrare in tale categoria quelle sostenute per l’acquisizione di conoscenze e informazioni tecniche (beni immateriali), quali ad esempio le spese per conoscenze tecniche riservate, risultati di ricerche già effettuate da terzi, contratti di know-how, licenze di know-how, software coperti da copyright.
Pertanto, con riferimento ai costi per i software, il documento di prassi evidenzia che i software coperti da copyright possono rientrare tra le “competenze tecniche”, mentre i casi residuali di programmi coperti dal brevetto per invenzione industriale rientrano invece tra le “privative industriali”.
Determinazione del credito di imposta
La metodologia di calcolo del credito d’imposta è basata su un calcolo di tipo incrementale.
Il bonus è riconosciuto nei limiti della spesa incrementale complessiva costituita dalla differenza positiva tra:
- l’ammontare di tutti gli investimenti realizzati nel periodo d’imposta per il quale si intende fruire dell’agevolazione;
- l’investimento medio relativo ai tre periodi d’imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2015. Ossia il triennio 2012-2014 per le imprese con periodo di imposta coincidente con l’anno solare.
Sulla spesa incrementale deve essere applicata l’aliquota del 50% prevista dalla legge n. 232/2016 (in precedenza si applicava l’aliquota del 25%).
In sostanza, chiarisce la Circolare n. 13/E/2017, per gli investimenti effettuati nei restanti periodi agevolati (dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2016 e fino a quello in corso al 31 dicembre 2020), la nuova aliquota del credito di imposta, pari al 50%, si applica, nella generalità dei casi e cioè con riferimento alle imprese "con media" (imprese esistenti da periodi anteriori a quello in corso al 31 dicembre 2015), alla differenza:
- tra l'ammontare complessivo delle spese per investimenti in ricerca e sviluppo eleggibili effettuati nel periodo di imposta per il quale si intende accedere al beneficio;
- e la media aritmetica delle medesime spese realizzate nei tre periodi di imposta precedenti a quello di prima applicazione dell'agevolazione (periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2014 e i due precedenti) ovvero, in caso di investimenti effettuati da "imprese di recente costituzione", nel minor periodo di riferimento (v. Circolare n. 5/E/2016).
Soggetti di nuova costituzione
Per i soggetti che intraprendono l’attività durante il periodo di vigenza della misura agevolativa c’è il problema di determinare il triennio di agevolazione.
Si rammenta al riguardo che il periodo di vigenza dell’agevolazione va dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e fino a quello in corso al 31 dicembre 2020.
Tali soggetti, non avendo una media di riferimento, devono calcolare in altro modo il credito di imposta.
Nel caso si deve prendere il valore complessivo degli investimenti realizzati in ciascun periodo di imposta per il quale intendono fruire dell’agevolazione.
Soggetti interessati
Possono beneficiare del credito di imposta per ricerca e sviluppo tutti i soggetti titolari di reddito d’impresa, indipendentemente dalla natura giuridica, dalle dimensioni aziendali, dal regime contabile adottato e dal settore economico di appartenenza, come specifica il comma 1 dell’art. 3 del D.L. n. 145/2013.
Oltre ai titolari di reddito d’impresa, sono ricompresi tra i soggetti interessati anche:
- le reti di imprese;
- i consorzi;
- le stabili organizzazioni dello Stato di imprese non residenti;
- gli enti non commerciali (relativamente all’attività commerciale svolta);
- le imprese agricole. Imprese che determinano il reddito agrario ai sensi dell’art. 32 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917;
- Imprese di nuova costituzione ovvero imprese che intraprendono l’attività nel periodo di vigenza dell’agevolazione.
Non possono invece fruire dell’agevolazione in discorso le imprese sottoposte a procedure concorsuali, non finalizzate alla continuazione dell’esercizio dell’attività economica esempio, fallimento e liquidazione coatta amministrativa).
Le novità del bonus ricerca e sviluppo nel 2017
Per effetto della legge n. 232/2016, che ha modificato la disciplina del credito ricerca e sviluppo, le nuove regole introdotte sono in vigore, per le imprese con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare, dal 1º gennaio 2017.
Nello specifico, l’art. 1, commi 15 e 16, della legge n. 232/2016, ha previsto la proroga di un anno della disciplina del credito d’imposta (fino al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2020) e, a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2016, l’innalzamento della misura del credito nonché l’estensione dell’ambito oggettivo e soggettivo.
Tali regole interessano la predisposizione del Modello Redditi 2018.
In particolare, le novità riguardano:
- aumento al 50% dell’aliquota dell’agevolazione, unificata ora per tutte le spese ammissibili al 50% mentre in precedenza era pari al 25%;
- incremento da 5 a 20 milioni di euro dell’importo massimo annuale del credito che può essere maturato;
- inclusione tra i soggetti beneficiari delle imprese residenti che svolgono attività di ricerca e sviluppo per conto di imprese committenti non residenti;
- ammissibilità di tutte le spese relative al personale impiegato nelle attività di ricerca e sviluppo. Ciò a prescindere dalla qualifica e dal titolo di studio.
A decorrere dal periodo d’imposta 2017 l’incentivo è destinato anche alle imprese che svolgono attività di ricerca e sviluppo eseguite in funzione di contratti stipulati con imprese committenti non residenti, oppure con committenti localizzati in altri Stati membri dell’Unione Europea.
Documentazione e certificazione
Le imprese sono tenute alla predisposizione di apposita documentazione contabile.
Si tratta di documentazione che deve essere certificata da un revisore o da una società di revisione legale dei conti, iscritti nel registro dei revisori legali.
L’obbligo di certificazione contabile della documentazione è previsto anche con riferimento alle imprese non soggette a revisione legale dei conti e prive di un collegio sindacale.
Questo al fine di attestare la regolarità formale della documentazione nonché l’effettività dei costi sostenuti per gli investimenti in ricerca e sviluppo.
Tale documentazione contabile deve essere certificata entro la data di approvazione del bilancio, ovvero, per i soggetti che non sono tenuti all’approvazione del bilancio, entro il termine di 120 giorni dalla chiusura dell’esercizio in cui sono stati effettuati gli investimenti ammissibili.
La documentazione deve essere allegata al bilancio, conservata ed esibita, in caso di controlli, unitamente al bilancio.
La documentazione non deve essere materialmente depositata, unitamente al bilancio d’esercizio, presso il registro imprese. E’, infatti, sufficiente predisporre nei termini la certificazione e conservarla. La documentazione che deve essere esibita insieme al bilancio, al momento del controllo.
In considerazione della natura automatica e delle modalità di determinazione dell'incentivo, è altresì necessario che le imprese beneficiarie conservino, oltre alla documentazione idonea a dimostrare, in sede di controllo, l'ammissibilità, l'effettività e l'inerenza delle spese sostenute, anche un prospetto, con l'elencazione analitica degli investimenti realizzati nei periodi di imposta precedenti ed utilizzati per la base di calcolo della quota incrementale che determina l'ammontare del credito di imposta (così Circolare n. 5/E/2016).
Circa la durata dell'obbligo di conservazione della documentazione idonea a dimostrare, in sede di controllo, l'ammissibilità e l'effettività dei costi sulla base dei quali è determinato il credito d'imposta, si precisa che la stessa deve essere conservata per il periodo previsto dall'art. 43 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione), con riferimento alla dichiarazione relativa al periodo di imposta nel corso del quale si conclude l'utilizzo del credito, atteso che il credito di imposta in esame può essere utilizzato in compensazione senza alcun limite temporale.
Utilizzo del credito d’imposta
Il credito d'imposta deve essere indicato nella relativa dichiarazione dei redditi, non concorre alla formazione del reddito, né della base imponibile dell'imposta regionale sulle attività produttive, non rileva ai fini del rapporto di cui agli artt. 61 e 109, comma 5, del TUIR. Da tale previsione deriva che il credito in esame:
- non concorre alla formazione della base imponibile ai fini delle imposte sui redditi, comprese le relative addizionali regionali e comunali, né alla determinazione del valore della produzione netta ai fini dell'IRAP;
- non rileva ai fini della determinazione della quota di interessi passivi deducibile dal reddito di impresa ai sensi dell'art. 61 del TUIR;
- non rileva ai fini della determinazione della quota di spese e altri componenti negativi diversi dagli interessi passivi, deducibile dal reddito di impresa ai sensi dell'art. 109, comma 5, del TUIR.
Il comma 8 dell'art. 3 del D.L. n. 145/2013 e l'art. 6 del decreto attuativo 27 maggio 2015 disciplinano il trattamento del credito di imposta, prevedendone l'irrilevanza ai fini fiscali, e le modalità di fruizione, disponendone l'utilizzo esclusivamente in compensazione ai sensi dell’art. 17 del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello nel quale sono state sostenute le spese agevolabili.
Per la compensazione del credito tramite modello F24 è utilizzabile il codice tributo “6857”.
Il riconoscimento della cumulabilità con altre agevolazioni comporta che i costi agevolabili devono essere assunti al lordo di altri contributi pubblici ed agevolazioni ricevuti.
Inoltre, l’importo risultante dal cumulo non può essere superiore ai costi sostenuti.
Al credito d’imposta non si applicano i limiti di compensazione dei crediti di imposta previsti dall’art. 1, comma 53, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e dall’art. 34 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, ossia, rispettivamente, l'applicazione del limite annuale di utilizzo di euro 250.000 per i crediti di imposta agevolativi da indicare nel quadro RU della dichiarazione dei redditi, nonché del limite "generale" di compensabilità di crediti di imposta e contributi di euro 700.000.
L’utilizzo del credito ricerca e sviluppo deve essere indicato nel quadro RU-Crediti di imposta concessi a favore delle imprese, del Modello Redditi. Questa sezione è riservata all’indicazione dei costi sostenuti nel periodo d’imposta oggetto della dichiarazione per l’attività di ricerca e sviluppo ammessa a beneficiare del credito d’imposta istituito dall’art. 3 del D.L. n. 145/2013, come sostituito dall’art. 1, comma 35, della legge n. 190/2014.
Nella sezione possono essere compilati i righi RU2, RU3, RU5 colonna 3, RU6, RU8, RU10 e RU12. Inoltre, va compilata la sezione IV-BIS, rigo RU100, per l’indicazione dei costi sostenuti nel periodo d’imposta di riferimento della dichiarazione. In particolare, nel rigo RU100 va indicato:
- nella colonna 1, la media aritmetica dei costi agevolabili per attività di ricerca e sviluppo sostenuti nei tre periodi d’imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2015;
- nella colonna 2, l’ammontare complessivo dei costi agevolabili sostenuti nel periodo d’imposta oggetto della presente dichiarazione per attività di ricerca e sviluppo intra-muros, specificando nella colonna 3 l’importo relativo al costo del personale impiegato nelle predette attività;
- nella colonna 4, l’ammontare complessivo dei costi agevolabili sostenuti nel periodo d’imposta oggetto della presente dichiarazione per attività di ricerca e sviluppo svolta da soggetti residenti su commissione di soggetti residenti o localizzati in altri Stati membri dell’Unione europea, negli Stati aderenti all’accordo sullo Spazio economico europeo ovvero in Stati compresi nell’elenco di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 settembre 1996 (art. 3, comma 1-bsi, D.L. n. 145/2013);
- nella colonna 5, l’ammontare complessivo dei costi agevolabili sostenuti nel periodo d’imposta oggetto della presente dichiarazione per attività di ricerca e sviluppo extra-muros, specificando nella colonna 6 la somma dei costi per il personale e per le quote di ammortamento degli strumenti e delle attrezzature di laboratorio relativi alla ricerca commissionata alle società del gruppo, residenti e non nel territorio dello Stato, e nella colonna 7 l’importo relativo alla ricerca commissionata a soggetti non residenti.
Controlli
L’art. 3, comma 10, del D.L. n. 145/2013, dispone che qualora, a seguito dei controlli, si accerti l'indebita fruizione, anche parziale, del credito d'imposta per il mancato rispetto delle condizioni richieste ovvero a causa dell'inammissibilità dei costi sulla base dei quali é stato determinato l'importo fruito, l'Agenzia delle Entrate provvede al recupero del relativo importo, maggiorato di interessi e sanzioni secondo legge.
A norma dell'art. 7, comma 1, del D.M. 27 maggio 2015, l'Agenzia delle Entrate svolge l'attività di controllo sulla base dell'apposita documentazione contabile certificata.
In particolare, ai fini della corretta fruizione del credito di imposta, l'Agenzia delle Entrate, nell'ambito dell'attività di controllo, verifica la sussistenza delle condizioni richieste dalla disciplina agevolativa, nonché l'ammissibilità delle attività e dei costi sulla base dei quali è stato determinato il credito di imposta (art. 8, comma 1, D.M. 27 maggio 2015).
Pertanto, nel caso in cui, a seguito dei controlli, sia accertata l'indebita fruizione, anche parziale, del credito di imposta per il mancato rispetto delle condizioni richieste ovvero a causa dell'inammissibilità dei costi sulla base dei quali è stato determinato l'importo fruito, l'Agenzia delle Entrate provvede al recupero del relativo importo, maggiorato di interessi e sanzioni secondo legge, fatte salve le eventuali responsabilità di ordine civile, penale e amministrativo a carico dell'impresa beneficiaria (art. 8, comma 3, D.M. 27 maggio 2015).
In particolare, in caso di utilizzo del credito di imposta in misura superiore a quella spettante o in violazione delle modalità di utilizzo previste, risulta applicabile la sanzione pari al 30% del credito utilizzato, come previsto dall’art. 13, comma 4, del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471. Qualora, invece, sia utilizzato in compensazione un credito di imposta inesistente, è applicata la sanzione dal 100 al 200% della misura del credito stesso (art. 13, comma 5, D.Lgs. n. 471/1997). Per tale sanzione, peraltro, in nessun caso si applica la definizione agevolata prevista dagli artt. 16, comma 3, e 17, comma 2, del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472.
Si intende inesistente il credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile mediante i controlli di cui agli artt. 36-bis e 36-ter del D.P.R. n. 600/1973 e all'art. 54-bis del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (ad esempio, si configura un'ipotesi di inesistenza del credito nel caso in cui non siano stati sostenuti i costi per attività di ricerca e sviluppo).