La vicenda
Nel caso oggetto dell’ordinanza 12 dicembre 2018, n. 32118, della Corte di Cassazione, la Commissione tributaria regionale accoglieva parzialmente l'appello del contribuente proposto avverso la sentenza di primo grado che aveva dichiarato l'inammissibilità del ricorso contro l'avviso di accertamento (conseguente a PVC della Guardia di finanza), con il quale l'ente impositore aveva contestato al contribuente un maggiore reddito imponibile ai fini IRPEF, IRAP e IVA in relazione a movimentazioni sul suo conto corrente risultate ingiustificate.
In precedenza il contribuente aveva avanzato nei confronti dell’avviso, istanza di accertamento con adesione ex art. 6 del D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218, formalizzato ma non accettato dal contribuente in relazione al piano di ammortamento delle rate; l'Ufficio aveva quindi iscritto a ruolo la somma dovuta e ne aveva intimato con cartella il pagamento.
La Commissione provinciale adita, ritenendo vincolante per entrambe le parti il verbale di accertamento con adesione, aveva dichiarato inammissibile il ricorso del contribuente avverso l'avviso di accertamento e ordinato lo sgravio di quanto iscritto a ruolo.
La Commissione tributaria regionale osservava sua volta che:
- nella fattispecie - ad eccezione dell'IRAP non ricompresa nell'elencazione dei tributi definibili con l'adesione - l'IRPEF e l'IVA erano state "definite" con l’accordo, il cui "perfezionamento", doveva concludersi, ai termini dell'art. 9 D.Lgs. n. 218/1997, con il pagamento delle somme dovute;
- l'appello principale andava quindi accolto solo per l'IRAP, confermando l'inammissibilità del ricorso originario per l’IRPEF e l’IVA, in quanto quest'ultimo, definito con adesione, non era più soggetto ad impugnazione.
Nel conseguente ricorso per Cassazione, il contribuente denuncia, per quanto qui di interesse, violazione di legge per avere il giudice d’appello interpretato erroneamente il principio di "intoccabilità" dell'adesione stabilito dall'art. ...