La Corte di Cassazione, con la Sent. n. 27248 del 13 marzo - 26 ottobre 2018, è intervenuta sui criteri da adottare per distinguere le parti dell’impianto idrico condominiali che devono considerarsi parti comuni e quelle che devono considerarsi parti di proprietà esclusiva del singolo condomino.
Il condomino A esercitava l’azione per ottenere il risarcimento dei danni che aveva subito il suo appartamento per infiltrazioni causate dalla rottura di una parte dell’impianto idrico; in particolare, si era verificata una rottura della chiave di stacco, che si trovava all’interno della cucina dell’appartamento sovrastante di proprietà del condomino B, ma destinata al servizio della collettività condominiale.
Si trattava di stabilire se detta chiave di stacco dovesse considerarsi proprietà comune o proprietà esclusiva.
La distinzione tra le parti dell’impianto da considerarsi come comuni e le parti dell’impianto da considerarsi di proprietà esclusiva ha importanza con riferimento all’individuazione del soggetto di norma tenuto alla manutenzione del bene e, pertanto, del responsabile del danno e del legittimato passivo nella conseguente azione per ottenere la condanna al risarcimento del danno.
Infatti, l’art. 2051 c.c. prevede l’imputazione della responsabilità al custode della cosa, di norma il proprietario, sulla sola base del nesso causale fra la cosa stessa e l’evento dannoso. Il fondamento della responsabilità è, dunque, costituito dal rischio (di provocare danni a terzi) insito nella cosa, che la legge imputa al responsabile per effetto del rapporto di custodia.
Criteri per la individuazioni delle parti comuni e delle parti di proprietà esclusiva dell’impianto idrico
L’impianto idrico è l’insieme delle tubazioni, sia verticali che orizzontali, dei raccordi e delle apparecchiature necessarie per la distribuzione dell’acqua nelle diverse unità immobiliari di proprietà esclusiva oltre che nelle parti comuni.