Il luogo della prestazione lavorativa costituisce un elemento molto importante del contratto di lavoro subordinato e, in via generale, la sede di lavoro è fissa e identificata in modo specifico nella lettera di assunzione.
In casi particolari lo svolgimento della prestazione lavorativa effettuata dal lavoratore può essere richiesta in luoghi differenti rispetto alla normale sede indicata nel contratto di lavoro (nel caso di specie occorre valutare se vi sia l’obbligo di erogare un trattamento economico specifico al fine di valorizzare il tempo impiegato dal lavoratore per raggiungere e rientrare dal luogo di lavoro).
Il personale dipendente può essere comandato a svolgere la propria prestazione lavorativa al di fuori della sede per la quale è stato assunto, quindi, i lavoratori, si troveranno a impiegare delle ore viaggio per il raggiungimento della sede.
Ecco pertanto la necessità di identificare la metodologia su come deve essere remunerato il dipendente per le cosiddette “ore di viaggio”, ovvero il tempo impiegato per il trasferimento dalla normale sede di lavoro al luogo in cui il lavoratore viene inviato a svolgere temporaneamente la sua prestazione.
Il tempo di viaggio: focus sugli aspetti principali
Il “tempo di viaggio” coincide con il tempo necessario al lavoratore per recarsi sul luogo in cui la prestazione lavorativa deve essere resa e che non costituisce la sua normale sede di lavoro.
Il “D.Lgs. n. 66/2003 “ ha stabilito l’esclusione dall’orario e la non retribuibilità del tempo impiegato per recarsi al posto di lavoro ma in materia è utile considerare quanto disposto dalla Contrattazione collettiva di riferimento che può derogare a favore di un trattamento migliore per il lavoratore (la contrattazione collettiva prevede in via generale che le ore di viaggio non coincidenti con l’orario di lavoro debbano essere ...