La vicenda
Dopo il passaggio in giudicato di una sentenza di scioglimento di comunione ereditaria su un compendio immobiliare, suddiviso in due lotti in base al progetto divisionale redatto dal consulente tecnico d’ufficio e reso esecutivo dalla pronuncia giudiziale, uno dei due ex condividenti procede al frazionamento catastale, onde procedere alla trascrizione della sentenza presso l’agenzia del territorio, secondo l’iter procedimentale suggerito proprio dal giudice nella sentenza di divisione.
Il Conservatore dei registri immobiliari, a fronte della presentazione della nota di trascrizione, esegue quest’ultima con riserva, rilevando che i dati catastali risultanti all’esito del frazionamento risultano diversi rispetto a quelli indicati nella sentenza di divisione.
La trascrizione con riserva determina la proposizione del necessario reclamo ad opera della parte istante, che chiede al tribunale di rendere definitiva la trascrizione della sentenza, eliminando la riserva apposta e ordinando la conseguente annotazione. Il tribunale accoglie il reclamo.
La trascrizione della sentenza di divisione
Ai sensi dell’art. 2646 c.c., si devono trascrivere le divisioni che hanno per oggetto beni immobili, come pure i provvedimenti di attribuzione delle quote tra condividenti e la domanda di divisione giudiziale (anche quella avanzata dai coeredi ai sensi dell’art. 713 c.c.), così come gli atti che costituiscono possibile conclusione del giudizio (sentenza, aggiudicazione, attribuzione, estrazione a sorte in caso di quote uguali).
Secondo l’orientamento maggioritario in dottrina, la trascrizione della divisione non è richiesta in funzione della risoluzione del conflitto tra più acquirenti del medesimo bene (ex art. 2644 c.c.), poiché tra i condividenti non si verifica nessun effetto traslativo: ai sensi dell’art. 757 c.c., il condividente-assegnatario di un determinato bene si considera proprietario di quel bene fin dal sorgere della comunione.
Piuttosto, l’adempimento è funzionale ...