Le riserve nelle società cooperative: disciplina civilistica
Con la riforma del diritto societario del 2003 (1), la disciplina delle riserve nelle società cooperative è stata interessata da alcune modifiche.
L’obiettivo del legislatore della riforma è stato, tra l’altro, quello di coniugare il rispetto del requisito della mutualità con la creazione di un soggetto, la società cooperativa, capace di assumere una connotazione imprenditoriale competitiva ed efficiente, in grado di affrontare efficacemente il mercato dei capitali.
Il legislatore della citata riforma ha disciplinato compiutamente le riserve indivisibili, con lo scopo di impedire che quanto accantonato in virtù delle agevolazioni riconosciute dallo Stato, sia ripartito tra i soci, generando, quindi, un indebito vantaggio.
Nel dettaglio è stato inserito nel Codice civile l’articolo 2545-ter, rubricato “Riserve indivisibili” che stabilisce: “sono indivisibili le riserve che per disposizione di legge o dello statuto non possono essere ripartite tra i soci, neppure in caso di scioglimento della società. Le riserve indivisibili possono essere utilizzate per la copertura delle perdite solo dopo che sono esaurite le riserve che la società aveva destinato ad operazioni di aumento di capitale e quelle che possono essere ripartite tra i soci in caso di scioglimento della società”.
Nella previgente normativa, il concetto di riserve indivisibili aveva, infatti, una rilevanza esclusivamente fiscale e interessava l’intero patrimonio sociale. A tal proposito era stata emanata la legge n. 904/1977 che all’articolo 12 disponeva che “fermo restando quanto disposto nel titolo III del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, e successive modificazioni ed integrazioni, non concorrono a formare il reddito imponibile delle società cooperative e dei loro consorzi le somme destinate alle riserve indivisibili, a condizione che sia esclusa la possibilità di distribuirle tra i soci sotto qualsiasi forma, ...