Il socio lavoratore: evoluzione normativa
Il socio lavoratore di cooperativa assume contemporaneamente il ruolo di imprenditore/membro della società, e di lavoratore.
Si distingue tradizionalmente dal lavoratore subordinato in quanto ha anche un ruolo attivo nella gestione della cooperativa: partecipa alla sua organizzazione ed alla formazione degli organi sociali. Ma non è l’unico a poter lavorare per questo tipo di società, in quanto la cooperativa può assumere anche lavoratori che non siano soci.
In passato, l’unica norma che regolava i rapporti tra cooperativa e soci lavoratori era l’articolo 2263 del Codice civile, che stabilisce: “Le parti spettanti ai soci nei guadagni e nelle perdite si presumono proporzionali ai conferimenti. Se il valore dei conferimenti non è determinato dal contratto, esse si presumono eguali. La parte spettante al socio che ha conferito la propria opera, se non è determinata dal contratto, è fissata dal giudice secondo equità. Se il contratto determina soltanto la parte di ciascun socio nei guadagni, nella stessa misura si presume che debba determinarsi la partecipazione alle perdite”.
In sostanza, l’articolo 2263 citato prevedeva che il socio avesse diritto a ricevere gli utili ma anche l’obbligo di far fronte alle perdite della società. Inoltre, qualora il socio fosse stato anche un lavoratore assunto dal sodalizio, non avrebbe avuto diritto alla normale retribuzione, ma solo ad una quota degli eventuali utili.
Il socio lavoratore non aveva, quindi, gli stessi diritti degli altri lavoratori subordinati, che, viceversa, erano sottoposti alle norme del diritto del lavoro.
In conseguenza di ciò, a partire dagli anni ’80, sia la dottrina che la giurisprudenza avevano attribuito una doppia “posizione” al socio lavoratore: quella di socio della cooperativa, disciplinata dal contratto sociale con la stessa, e di lavoratore, a cui ...