L’esercizio della contestazione disciplinare dell’imprenditore, secondo le formulazioni adottate, sia dell’art. 7 della legge n. 300/1970 che dai dettati contrattuali, è sottoposto a regole precise il cui rispetto è essenziale ai fini della validità della procedura adottata.
Infatti, essendo quest’ultima caratterizzata da una serie di atti concatenati e posti in sequenza legale, l’eventuale vizio di un atto a monte rischia di rendere nullo il provvedimento.
Una prassi di notifica della lettera di contestazione è la consegna a mano al dipendente al lavoro.
Proprio di questa si è occupata la Corte di Cassazione con la Sent. n. 7306/2019, la quale ha affermato che tale modalità comporta l’obbligo di accettazione per il lavoratore, tuttavia la consegna non si perfeziona se un delegato dell’azienda non legge o non tenta di leggere il contenuto della lettera al destinatario.
Al riguardo, prendendo spunto da questo principio di cui si dirà oltre, appare utile ripercorrere per brevi tratti gli aspetti giuridici del procedimento disciplinare soffermandosi sulla fase di contestazione dell’addebito.
Il potere disciplinare
Il rapporto di lavoro subordinato è sostanzialmente un rapporto di scambio: da un lato vi è la prestazione di lavoro, più precisamente di collaborazione continuativa e subordinata e dall’altro la controprestazione retributiva. La ragione giustificatrice di questo rapporto di scambio, dal punto di vista dei soggetti (lavoratore e datore di lavoro), è rappresentata dalla collaborazione, che riproduce la struttura essenziale del contratto ed è inquadrata giuridicamente nel concetto di causa, mentre il contenuto del rapporto di lavoro è dato, invece, dalla subordinazione (E. Ghera, Diritto del lavoro, Cacucci, 2011).
In questo quadro così delineato, il potere disciplinare è un potere gestionale del rapporto di lavoro (Cass. n. 3373/1999), che rappresenta uno ...