La revoca dell’opzione già esercitata è possibile, chiaramente, anche nel caso in cui una modifica normativa sopravvenuta abbia reso tale opzione meno conveniente: in tale ipotesi, tuttavia, è stata esclusa la possibilità di ottenere il rimborso delle imposte già assolte.
Aspetti generali
Se è stata esercitata l’opzione per un regime agevolativo relativo ad operazioni straordinarie, tale originaria opzione non può essere revocata per esercitare una nuova opzione, aderendo ad un regime ancora più favorevole introdotto da una normativa sopravvenuta.
Questo l’orientamento assunto dalla Corte di Cassazione (sentenza 20.3.2019, n. 7787), che ha escluso per il contribuente la possibilità di ottenere il rimborso dell'imposta.
Nella specifica fattispecie, una società aveva dapprima optato per l'affrancamento delle plusvalenze da conferimento a norma dell'art. 4, comma 2, del D.Lgs. n. 358/1997, con imposta sostitutiva del 19%; successivamente, la società aveva inteso revocare (con atto notarile) l’opzione esercitata per poter approfittare della tassazione con la minor aliquota del 12%, come previsto dall’art. 3, comma 11, della legge n. 448/2001.
Da precisare che la prima normativa (meno favorevole) prevedeva l’assolvimento dell’imposta sostitutiva da parte del soggetto conferente, mentre la seconda (più favorevole) poneva l’imposta a carico della società conferitaria (che nel caso di specie la aveva concretamente versata).
In senso contrario rispetto a quanto aveva deciso la CTR, la Cassazione ha ritenuto che l’originaria scelta compiuta dal contribuente fosse indice di una chiara volontà negoziale che, portata a conoscenza dell’amministrazione finanziaria, produce i propri effetti e non è suscettibile di revoca.
L’esercizio delle opzioni
In ambito fiscale, la rilevanza attribuita al comportamento concludente del contribuente testimonia la prevalenza degli aspetti sostanziali più che di quelli formali (indotta dall’esigenza di non ostacolare quella che comunque appare come ...