Il caso
Nel 2007, a seguito di sentenza di separazione personale, passata in giudicato, Caia, coniuge di Tizio, convenne questi in giudizio innanzi al Tribunale ordinario al fine di a) sentirlo condannare al pagamento di una somma pari al controvalore della metà delle quote di una società a responsabilità limitata in precedenza comprese nella comunione legale tra i due ma in seguito donate, dal convenuto, alla figlia Mevia; b) procedere alla divisione dei beni mobili presenti nella di loro casa coniugale nonché dei saldi dei conti correnti intestati al convenuto; e c) ordinare allo stesso la restituzione dei beni personali dell’attrice.
Resisteva il convenuto lamentando, anzitutto, la necessità di integrazione del contradditorio nei confronti di Mevia, donataria delle quote societarie predette e contestando, nel resto, le avverse domande ritenendo che il passaggio in giudicato della sentenza di separazione (ratione temporis, posto che l’art. 2 della L. 6 maggio 2015, n. 55 ha inserito un nuovo secondo comma all’art. 191 c.c. secondo cui «Nel caso di separazione personale, la comunione tra coniugi si scioglie nel momento in cui il presidente del tribunale autorizza i coniugi a vivere separati, ovvero alla data di sottoscrizione del processo verbale di separazione consensuale dei coniugi dinanzi al presidente, purché omologato»), determinante lo scioglimento della comunione legale, avrebbe portato alla formazione di una comunione ordinaria, con conseguente inapplicabilità della disciplina matrimoniale siccome azionata dalla coniuge, oltre alla deduzione di un proprio controcredito di valore similare, assumendo di essersi fatto carico, in via esclusiva, del pagamento delle imposte relative ai beni comuni.
In primo grado, il Tribunale adìto accoglieva le domande attoree, sia relativamente al controvalore delle quote societarie che, seppur solo per equivalente, in ordine agli arredi della casa coniugale.