La vicenda posta all’attenzione della Suprema Corte, trae origine da una rilevante perdita di carburante dalla cisterna al servizio dell’impianto termico di un supercondominio. Quest’ultimo provvedeva al recupero dell’olio combustibile e alla ripulitura degli argini e dei fondali del fosso comunale nel quale era defluito il combustibile, con ripristino del normale deflusso delle acque, per una complessiva spesa di euro 186.098,16. Per il recupero di tale somma, a titolo di risarcimento del danno, il supercondominio conveniva in giudizio il "terzo responsabile".
Secondo la Corte di Cassazione il contratto tra il proprietario dell’impianto termico ed il Terzo Responsabile comporta lo spostamento di tutte le responsabilità, per il corretto esercizio dell’impianto e la sua manutenzione, dal delegante (condominio) al delegato (terzo responsabile). Benché il contratto sia disciplinato da norme aventi ad oggetto il contenimento dei consumi energetici, la responsabilità non è infatti tesa unicamente al fine di evitare sprechi, ma ha ad oggetto anche aspetti che esulano da tale disciplina, quali i rapporti privatistici tra le parti, che restano disciplinati dal contratto e dalla normativa codicistica.
Il Terzo Responsabile
Nel tracciare le norme che interessano il responsabile (o il terzo responsabile) per gli impianti termici (in questa sede con particolare attenzione agli impianti centralizzati nei condominii), occorre risalire alla L. 9 gennaio 1991, n. 10.
Non stupisce che la Legge citata rechi norme per l’attuazione del Piano energetico nazionale in materia di uso razionale dell’energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia. Infatti, il comfort derivante dal calore che gli impianti riescono ad erogare, prevede, quale contraltare, la dipendenza dagli stati Extra UE per l’acquisto di energia (il combustibile, ancor prima che venga trasformato in calore, viene considerato “energia” anche ai sensi del