La Suprema Corte (nella recente Sent. n. 15109 del 3 giugno 2019) è stata investita dell’esame di una fattispecie piuttosto particolare (dal punto di vista concreto) che, tuttavia, va ad interessare la previsione dell’art. 69 disp. att. c.c. in merito alla regolamentazione giuridica della cd. “revisione” delle tabelle millesimali.
Il pronunciamento dei giudici di legittimità prende spunto dalla specifica situazione di fatto per precisare l’ambito di applicazione di detta norma e, in definitiva, per definire le modalità di funzionamento e di applicazione di quel particolare “strumento” di gestione dell’edificio condominiale costituito dalle tabelle di ripartizione delle spese condominiali.
È fondamentale, quindi, partire dalla concreta situazione oggetto della controversia.
In tale ottica: un’unica unità immobiliare appartenente ad un singolo proprietario (che, in quanto tale, riveste anche la qualità di condomino/partecipante dell’edificio) veniva fatta oggetto di frazionamento materiale (in senso orizzontale) creando due unità immobiliari distinte ed autonome. La relativa proprietà, veniva poi ceduta a due diversi soggetti, sempre separatamente.
Ora, dal punto di vista del fenomeno fattuale, va considerato che dal frazionamento deriva un duplice effetto: da una parte, il mutamento della compagine dei condomini che vede l’aumento delle cd. “teste” (con l’aggiunta di un condomino – rispetto al totale precedente – che scaturisce dalla creazione della nuova unità immobiliare e, quindi, dalla presenza di un nuovo “titolare”), e, dall’altra parte, dalla perdita di corrispondenza della originaria quota millesimale indicata nelle tabelle che non può più essere utilizzata per procedere alla gestione del fabbricato (stante la mutata situazione di fatto).
Basti pensare, a tale ultimo proposito, che i due “nuovi” titolari non solo hanno separato diritto ad essere convocati e a partecipare (discutere e deliberare) nell’assemblea condominiale, ma hanno anche diritto a votare ...