Disciplina codicistica
L’assunzione del lavoratore, ai sensi dell’art. 2096 c.c., per un periodo di prova deve risultare da atto scritto; il datore di lavoro e il prestatore sono rispettivamente tenuti a consentire e a fare l’esperimento che forma oggetto del patto di prova.
Altresì, durante il periodo di prova ciascuna delle parti può recedere dal contratto, senza obbligo di preavviso o d’indennità; se però la prova è stabilita per un tempo minimo necessario, la facoltà di recesso non può esercitarsi prima della scadenza del termine.
Compiuto il periodo di prova, l’assunzione diviene definitiva e il servizio prestato si computa nell’anzianità del prestatore di lavoro.
La disciplina indicata è stata integrata dall’art. 10 della L. 15 luglio 1966, n. 604, che prevede l’applicabilità della normativa limitativa dei licenziamenti ai lavoratori in prova la cui assunzione sia divenuta definitiva e, comunque, decorsi 6 mesi dall’inizio del rapporto di lavoro.
La forma scritta, richiesta dall’art. 2096 c.c., per il patto di assunzione in prova e la cui mancanza determina l’immediata ed automatica conversione del rapporto in definitivo, deve sussistere sin dal momento della costituzione di quest’ultimo, senza alcuna possibilità di equipollenti o sanatorie, ammettendosi – soltanto – la non contestualità della sottoscrizione delle parti prima della esecuzione del contratto, non anche la successiva documentazione della clausola mediante la sottoscrizione, originariamente mancante, di una delle parti, ciò risolvendosi nell’inammissibile convalida di atto nullo.
Quindi, mancando la pattuizione scritta relativa ad un periodo di prova, il rapporto di lavoro deve conseguentemente ritenersi che lo stesso sia un rapporto definitivo sin dalla data della sua costituzione, con la logica conseguenza che il licenziamento comminato nel periodo di prova, deve essere dichiarato illegittimo (cfr. Cass., Sez. Lav., ...