La vicenda
Una domanda di costituzione di servitù “pedonale e veicolare coattiva” ai sensi dell’art. 1051 c.c., ossia per lo stato di interclusione del fondo oggetto di causa rispetto alla pubblica via, viene accolta in primo grado, con determinazione dell’indennità ex art. 1053 c.c.
Il giudice d’appello va di contrario avviso, rilevando che gli attori in primo grado hanno acquistato una porzione di un fondo originariamente unitario, consapevoli dell’interclusione della stessa – proprio in conseguenza dell’alienazione –rispetto alla via pubblica, ed escludendo, altresì, che l’interclusione sia dovuta a cause naturali.
A fronte di tali dati fattuali, secondo i giudici di secondo grado, gli originari attori non avrebbero provato di aver agito infruttuosamente contro la parte venditrice per ottenere il passaggio pedonale e carrabile ai sensi dell’art. 1054 c.c. (che disciplina, appunto, il caso dell’interclusione del fondo per effetto di alienazione o di divisione), né la concreta “impossibilità” della relativa costituzione.
Il ricorso per cassazione contro la pronuncia d’appello non consegue il risultato sperato, infrangendosi contro gli scogli dell’inammissibilità dei plurimi motivi di ricorso, costruiti senza specifico riferimento, esplicito o implicito, a testi legislativi o a principi di diritto di cui si sarebbe dovuta lamentare la violazione, oppure intorno ad apprezzamenti di fatto difformi da quelli operati dai giudici di merito (con l’auspicio di un terzo grado di giudizio nel quale far valere l’ingiustizia della sentenza impugnata) o a questioni che la Suprema Corte giudica nuove, come, ad esempio, quella della già avvenuta (rispetto alla data di proposizione della domanda) prescrizione del diritto ad ottenere il passaggio ex art. 1054 c.c.
Ciononostante, la Suprema Corte coglie l’occasione per tratteggiare un affresco riassuntivo delle principali questioni applicative concernenti l’art. 1054 c.c.