Con la risposta ad interpello n. 211/E, pubblicata il 1° luglio 2019, l’Agenzia delle Entrate si è soffermata sulla relativa disciplina, chiarendo anche gli aspetti collegati alla applicazione del regime del cd. split payment e della ritenuta a titolo di acconto. Il dubbio interpretativo, oggetto dell’istanza di interpello, deriva dal fatto che il pagamento del compenso viene effettuato dalle parti processuali e quindi da soggetti terzi, mentre la fattura va emessa nei confronti dell’amministrazione della giustizia. Sullo specifico punto, l’ufficio liquidazioni delle spese di giustizia interpellato aveva comunicato come il Tribunale non fosse tenuto a versare la ritenuta d’acconto mentre il consulente avrebbe voluto evidenziare in fattura la ritenuta applicabile.
L’Agenzia delle entrate, con il documento di prassi in commento, ha affrontato l’applicazione sia del regime di split payment che della ritenuta in fattura elettronica. Il presupposto è che, secondo quanto già chiarito con la precedente risoluzione n. 88/E del 19 ottobre 2015, il reddito da attività di CTU in un giudizio civile, quando svolta con carattere di abitualità da parte del professionista, costituisce reddito di lavoro autonomo, con obbligo di partita IVA, da assoggettare alle regole impositive stabilite dagli articoli 53 e 54 del TUIR.
Split payment
Non andrà innanzitutto applicato il regime della scissione dei pagamenti in fattura. Infatti il debitore nei confronti del CTU risulta essere la parte processuale la quale, sulla base del provvedimento del giudice, è tenuta ad effettuare il pagamento delle prestazioni professionali rese a favore dell’Amministrazione della giustizia la quale risulta però essere la committente ma non l’esecutrice del pagamento.
Richiamando quanto a tal fine indicato al § 4.2. della circolare n. 9/E del 7 maggio 2018, l’Agenzia delle entrate ricorda come il CTU deve esercitare la rivalsa ...