Il caso e i motivi di ricorso
La Sent. n. 20434/2019, resa dalla II sez. della Suprema Corte di Cassazione, accogliendo il primo motivo di ricorso avanzato dalla ricorrente, cassa la sentenza impugnata dalla Corte d’Appello di Catanzaro ed alla stessa rinvia in diversa composizione, in quanto rileva l’erroneità circa la ritenuta non formulata domanda o eccezione riconvenzionale di usucapione.
In particolare, la vicenda processuale in oggetto venne introdotta in primo grado al fine di accertare l’inesistenza di diritti esclusivi di una condomina su parti comuni dell’edificio condominiale, nonché per la condanna della convenuta al risarcimento del danno. Nell’atto di costituzione e risposta la condomina convenuta si difese asserendo che aveva acquistato i beni in contesa con atto pubblico e che da sempre li aveva utilizzati in via esclusiva, come già i danti causa; talché avanzò domanda riconvenzionale per ottenere la condanna alla rimozione di taluni manufatti e il risarcimento del danno. A fronte della domanda riconvenzionale, l’attrice formulava reconventio reconventionis chiedendo che fosse accertata la nullità parziale dell’atto pubblico con il quale la convenuta asseriva di aver acquistato i beni da lei utilizzati in via esclusiva, nonché di accertare che le parti dell’edificio indicate nell’atto di citazione fossero di proprietà condominiale. Il Tribunale, in via preliminare, autorizzò la chiamata in causa del dante causa della convenuta e del coniuge dell’attrice, e nel merito accolse la domanda attorea per quanto di seguito esposto. Il giudice di prime cure, ritenendo che le parti dell’edificio in contestazione (il portone d’ingresso, il cortile interno e il vano scala) fossero da qualificarsi quali parti comuni dell’edificio ai sensi dell’art. 1117 c.c., e che pertanto la convenuta le utilizzasse illegittimamente in spregio del dettato dell’art. 1102 c.c., condannò la stessa ...