La vicenda oggetto dell’interpello
Nel caso trattato con la risposta all’interpello n. 438/2019 in esame, la società istante, creditrice della società fallita, dopo aver precisato che il fallimento era stato dichiarato nel 2013 ma l’annotazione nel registro delle imprese era avvenuta nel 2019, riteneva di essere ancora in tempo per emettere la nota di variazione ai sensi dell'art. 26, comma 2, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633
La società istante chiede, a tal fine, se il termine per l'emissione della nota di variazione decorra:
- dal deposito del decreto di chiusura del fallimento
- ovvero dall’annotazione dello stesso presso il registro delle imprese.
L’istante non manca di sottolineare che è sua opinione che il termine per l'emissione della nota di variazione di cui all'art. 26, comma 2, del decreto IVA decorra dall'annotazione del decreto di chiusura presso il registro delle imprese, in quanto la predetta annotazione costituisce per i terzi l'unico strumento per venire a conoscenza dell'avvenuta chiusura del fallimento.
Soltanto con l'annotazione del decreto di chiusura presso il registro delle imprese decorrerebbero, in particolare, i termini legali per la cristallizzazione del provvedimento nei riguardi del creditore insinuato al passivo che non abbia presentato istanza di fallimento e che non faccia parte del comitato dei creditori, mentre per questi ultimi il legislatore ha previsto specifici obblighi di comunicazione della sentenza.
Quadro normativo
All’esito della soluzione dell’Amministrazione finanziaria, si chiarisce preliminarmente che la nota di variazione modifica gli importi di una precedente fattura in aumento o in diminuzione, realizzando due documenti diversi che prendono il nome di nota di debito e nota di credito: in altri termini, la nota di debito è emessa se la fattura precedente ...