In particolare, l’Agenzia ha rimarcato che la disposizione antielusiva è unica e, pertanto, la sua disapplicazione, ove riconosciuta, è integrale. Se quindi una delle società coinvolte nell’operazione supera il “test di vitalità”, ma risulta limitata nel riporto dei componenti negativi dal limite del patrimonio netto, la disapplicazione è condizionata dalla dimostrazione di questioni direttamente attinenti a vicende proprie del patrimonio netto, ma comunque dalla prova che non sussiste la finalità di trasferire una “bara fiscale”.
Occorre dunque dimostrare che la fusione non risulta preordinata allo scopo essenziale di consentire - post fusione - la compensazione dei suddetti componenti negativi con gli utili imponibili di altri soggetti partecipanti alla fusione.
Aspetti generali
Le perdite teoricamente riportabili “intersoggettivamente” nell’ambito di operazioni societarie straordinarie (fusioni e scissioni), così come altri componenti deducibili come gli interessi passivi eccedenti di periodo e la base ACE, sono soggette a vincoli in relazione ai requisiti di vitalità e patrimoniali della società che ha generato le perdite stesse (artt. 173 comma 7 e 173 comma 10 TUIR).
Il libero utilizzo di tali componenti negativi è possibile solamente se i contribuenti riescono a dimostrare che nel caso specifico non esiste una situazione di abuso, ossia un utilizzo strumentale delle perdite, degli interessi, della base ACE, come escamotage per evitare la tassazione ma in assenza di una prospettiva di sviluppo economico e di durata dell’attività di impresa.
Si tratta di un “abuso” particolare, la cui valutazione è differente rispetto a quella richiesta dall’abuso del diritto “ordinario” secondo l’art. 10-bis della legge n. 212/2000, riferibile solamente all’utilizzo di “bare fiscali”: i vincoli normativamente previsti possono essere rimossi dimostrando l’insussistenza di tale effetto elusivo specifico, mediante interpello disapplicativo ai sensi dell’art. 11, comma 2, della legge n. ...