Premessa
Queste tipologie contrattuali sono sempre state oggetto di particolari attenzioni da parte del Legislatore e degli Istituti preposti (Ispettorato del Lavoro, Inps, Inail etc) poiché, se da un lato la loro natura giuridica li attrae alla sfera dei contratti di lavoro autonomo, spesso gli stessi vengono scorrettamente utilizzati con l’intento di aggirare la più corposa e tutelante disciplina dei rapporti di lavoro subordinato.
Con la recente introduzione del Decreto-legge 3 settembre 2019, n. 101, convertito con modificazioni in Legge 2 novembre 2019, n. 128 si assiste ad una nuova evoluzione della normativa che di certo porterà ad una diversa considerazione e gestione del fenomeno attinente alle collaborazioni coordinate e continuative.
La disciplina delle collaborazioni coordinate e continuative: uno sguardo al passato
Prima di addentrarci nell’analisi delle ultime novità introdotte dal D.L. n. 101/2019 (conv. in L. 128/2019) alla disciplina delle collaborazioni coordinate e continuative, è opportuno qui, ripercorrere un breve iter di carattere storico dell’istituto.
Quanto ad una possibile definizione, ad oggi mai offerta dall’ordinamento, questa sembra possibile desumerla dal testo dell’articolo 409 del c.p.c., dove al n. 3 viene sancita come tale quella prestazione consente lo svolgimento, in via continuativa, di una prestazione prevalentemente personale, a favore e in coordinamento con il committente, senza che sussista alcun vincolo di subordinazione.
Prima dell’approvazione del D.Lgs. n. 81/2015, infatti, tali fattispecie contrattuali, a norma dell’art. 1 della Legge 11 agosto 1973, n. 533 venivano rubricate al n. 3) dell’art. 409 del codice di procedura civile per effetto del quale erano degne di tutela e di cura da parte del Giudice del Lavoro le controversie legate ai “… rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione di opera continuativa e coordinata, prevalente e ...