Il caso affrontato da Cass. n. 789/2020
L'amministratore del Condominio Alfa, nell'ambito delle prerogative allo stesso assegnate dagli artt. 1130 e 1131 c.c., conviene in giudizio la condomina Beta, al fine di ottenere dalla stessa il rilascio dello spazio antistante al posto auto di pertinenza della predetta condomina, previo accertamento della proprietà comune di tale area.
Nel corso del giudizio di primo grado, si costituisce l’erede della condomina Beta, sig. Gamma, il quale propone domanda riconvenzionale volta all'accertamento dell’avvenuto acquisto, per usucapione, della proprietà dello spazio in contestazione.
Tanto in primo, quanto in secondo grado, la domanda riconvenzionale proposta da Gamma (cui, nel frattempo succede la società Delta, quale acquirente del cespite del quale l'area in contestazione dovrebbe rappresentare una pertinenza) viene rigettata, escludendo i giudici di merito la ricorrenza dei presupposti per ritenere provato il possesso esclusivo su tale porzione del cortile in capo al convenuto (e, per esso, alla sua dante causa).
Proposto, infine, ricorso in cassazione, in accoglimento del terzo motivo la Suprema Corte cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, in prime cure, al Tribunale di Roma, osservando che "ove un condomino, convenuto dall’amministratore con azione di rilascio di uno spazio asseritamente di proprietà comune, proponga (non un’eccezione riconvezionale di usucapione, al fine di paralizzare la pretesa avversaria, ma) una domanda riconvenzionale, ai sensi degli artt. 34 e 36 c.p.c., diretta a conseguire la dichiarazione di proprietà esclusiva del bene, viene meno la legittimazione passiva dell’amministratore rispetto alla controdomanda, dovendo la stessa, giacché incidente sull’estensione del diritto dei singoli, svolgersi nei confronti di tutti i condomini, in quanto viene dedotto in giudizio un rapporto plurisoggettivo unico e inscindibile su cui deve statuire la richiesta pronuncia giudiziale. Nell’ipotesi in cui una ...