Vicenda processuale
La vicenda in esame trae origine da un procedimento di accertamento del debito del terzo pignorato (alla società datrice), nei confronti del lavoratore, debitore principale, promosso dalla creditrice pignorante.
In sede di appello, il giudice del riesame conferma la sentenza di primo grado che aveva accertato la corresponsione da parte del datore di lavoro nei confronti della finanziaria, in favore della quale il lavoratore aveva ceduto il proprio credito derivante dal rapporto di lavoro, compreso il trattamento di fine rapporto, di una somma di denaro superiore alla soglia del quinto del TFR, credito ritenuto incedibile oltre tale misura in forza dell’equiparazione legale tra il “trattamento riservato alla tutela degli emolumenti dei dipendenti pubblici a quella dei dipendenti privati”.
Nel conseguente ricorso per Cassazione la società datrice, per quanto qui di interesse, ha sostenuto che, per espressa previsione dell’art. 52, comma 2, del D.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180 e successive modificazioni, alla cessione del trattamento di fine rapporto non si applica il limite del quinto, con conseguente irrilevanza del pagamento integrale (o meno) verso la società finanziaria dell’importo maturato dal lavoratore a tale titolo.
La cessione del credito
Si premette che la cessione del quinto dello stipendio è una particolare forma di cessione del credito, in cui il lavoratore (creditore cedente) trasferisce il credito alla retribuzione nei confronti del proprio datore di lavoro (debitore ceduto) alla società di finanziamento (terzo cessionario).
La cessione del credito, pertanto, consiste in un accordo tra il lavoratore e il suo creditore, che non ha bisogno di accettazione da parte del debitore ceduto (art. 1264 c.c.), ossia il datore di lavoro, che è tenuto ad effettuare le trattenute del quinto sulla busta paga del dipendente, versando i ratei ...