Distinzione tra la somministrazione di alimenti e bevande e la cessione di singoli piatti “da asporto”
Ai fini dell’individuazione dell’aliquota IVA applicabile alla cessione di singoli piatti da asporto occorre distinguere la somministrazione di alimenti e bevande dalla cessione dei medesimi beni, nella specie i piatti da asporto, per tali intendendosi i pasti preparati per il consumo immediato.
La distinzione si rende necessaria in quanto, a differenza delle cessioni, il contratto di somministrazione di alimenti e bevande è inquadrato nell’ambito delle fattispecie assimilate alle prestazioni di servizi, ex art. 3, comma 2, n. 4), del D.P.R. n. 633/1972, ed è caratterizzato dalla commistione di “prestazioni di dare” e “prestazioni di fare”; elemento, quest’ultimo che distingue le somministrazione di alimenti e bevande dalle vendite di beni da asporto, che sono considerate a tutti gli effetti cessioni di beni, in virtù di un prevalente obbligo di dare. (risoluzione dell’Agenzia delle Entrate 17 novembre 2016, n. 103, richiamata dal principio di diritto dell’Agenzia delle Entrate 22 febbraio 2019, n. 9).
Indicazioni della giurisprudenza comunitaria
In merito alla distinzione in esame, possono richiamarsi le indicazioni rese dalla Corte di giustizia, da ultimo nella sentenza relativa alle cause riunite C 497/09, C 499/09, C 501/09 e C 502/09 del 10 marzo 2011.
Nel caso considerato, si è trattato di individuare l’aliquota IVA applicabile ai beni ceduti in ciascun procedimento, vale a dire salsicce e patatine fritte (cause C 497/09 e C-501/09), popcorn e tortilla chips (causa C 499/09), catering a domicilio (causa C-502/09).
Riguardo alle controversie relative alla vendita di salsicce e patatine fritte, da un lato, e di popcorn e tortilla chips, dall’altro, i giudici dell’Unione hanno rilevato che “l’elemento predominante deve essere determinato basandosi sul punto di ...