Il fatto
Un condomino chiamava in giudizio il condominio dinanzi al Tribunale de L’Aquila, affermando di aver subito, nel proprio appartamento, danni strutturali in conseguenza di alcune scosse sismiche avvenute nel 1985, cui seguiva un aggravamento degli stessi a causa del dissesto dello stabile (al riguardo, si sosteneva che dal 1994 comparivano delle lesioni nell’unità immobiliare).
L’assemblea condominiale conferiva, pertanto, all’amministratore apposito mandato per il restauro del fabbricato, ma secondo la ricorrente costui esponeva i condomini a spese inutili e faceva perdere il finanziamento pubblico di lire 130.000.000 per il risanamento post sisma.
Pertanto, la ricorrente avrebbe, a causa della mala gestio dell’amministratore e dell’inerzia degli altri condomini, subito un pregiudizio consistente nel deterioramento della proprietà esclusiva e nell’aumento dei costi necessari al risanamento strutturale, anche tenendo conto della perdita del finanziamento pubblico; chiedeva, pertanto, la condanna al risarcimento dei danni nei confronti del condominio sia ex art. 2051 c.c. per la mancata eliminazione delle situazioni dannose relative alle parti comuni, sia ex art. 2049 c.c. in quanto mandante dell’amministratore.
A seguito del rigetto della domanda in primo ed in secondo grado, veniva promosso ricorso in Cassazione, lamentando l’omesso esame circa un fatto decisivo, ovvero che il danno da deprezzamento dell’immobile fosse in rapporto di causalità necessaria con l’incuria del condominio.
Tale motivo veniva dichiarato inammissibile nella ordinanza in commento, posto che la ricorrente si lamentava del mancato riconoscimento di una specifica voce di danno, appunto, da deprezzamento dell’immobile, dedotta solo nel giudizio di appello.
Si rimarcava, difatti, che nell’atto introduttivo del giudizio veniva chiesto il solo danno da deterioramento, che non ricomprende anche la diversa voce di deprezzamento.
Trattasi dunque di voci di danno distinte, i cui caratteri essenziali richiedono un ...