La disamina dei casi analizzati da Cass. n. 11270/2020, n. 11294/2020 e n. 11584/2020.
Nelle tre fattispecie esaminate dalla Corte, tutte le vicende traggono origine dalla citazione con cui alcuni utenti privati chiamavano in giudizio la società erogante il servizio di depurazione ed il Comune di Napoli, eccependo che tale servizio non era stato fornito e chiedendo la ripetizione di quanto versato a titolo di corrispettivo per il servizio di depurazione delle acque; ciò in applicazione dei principi scaturiti a seguito della dichiarazione di incostituzionalità dell'art. 14, comma 1, della legge 5 gennaio 1994, n. 36, nonché dell'art. 155, comma 1, del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, pronunciata dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 335 del 10 ottobre 2008, con riguardo alla parte in cui tali norme prevedevano che la quota della tariffa del servizio idrico era dovuta anche nel caso in cui “manchino impianti di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi.”
In tal senso, infatti, l'obbligo di pagamento non risultava correlato ad alcuna controprestazione.
In ciascun procedimento, si costituiva, quindi, in giudizio la società erogante il servizio di depurazione la quale eccepiva il proprio difetto di legittimazione passiva, oltre alla carenza probatoria circa il mancato funzionamento del servizio di depurazione. In forza di tali rilievi, pertanto, essa si opponeva all'accoglimento della domanda attorea, non senza, tuttavia, richiedere la chiamata in causa della Regione Campania (essendo a ciò autorizzata), nonché l'integrazione del contraddittorio - che non veniva, invece, ordinato dal Giudice di pace - nei confronti della società affidataria del servizio di depurazione.
Su tali premesse, a seguito dell’instaurazione del giudizio, in due casi, il giudice di pace condannava la società erogante il servizio e la Regione Campania alla restituzione delle somme indebitamente pagate, escludendo la legittimazione passiva ...