Ai sensi dell’art. 5 bis D.lgs 28/2010 il procedimento di mediazione costituisce condizione di procedibilità delle cause in materia condominiale e, a mente dell’art. 71 quater disp.att. c.c., per partecipare a tale procedimento (o per darvi impulso) l’amministratore deve essere assistito da delibera assembleare, assunta con le maggioranze di cui all’art. 1136 comma II c.c., delibera che deve intervenire anche per l’approvazione dell’eventuale proposta di accordo cui le parti siano giunte all’esito degli incontri dinanzi al mediatore.
La portata ed applicabilità di tale ultima disposizione è oggetto di recente ordinanza di legittimità (Cass. civ., sez. VI-2 8 giugno 2020 n. 10846), che con puntuale disamina, traccia il discrimine fra la previsione di una autonoma legittimazione dell’amministratore ex art. 1131 comma I c.p.c. per le controversie giudiziali che attengano alle materie di cui all’art. 1130 c.c. e i diversi poteri che consentono la partecipazione al procedimento di ADR
A tal proposito si è più volte evidenziato in giurisprudenza (sin dalla pronuncia delle sezioni unite 18331/2010) che la necessità dell’autorizzazione o della ratifica assembleare per la costituzione in giudizio dell’amministratore va riferita soltanto alle cause che esorbitano dalle attribuzioni dell’amministratore, ai sensi dell’art. 1131, commi 2 e 3, c.c. (Cass. civ. II 23 gennaio 2014, n. 1451, Cass. civ. II 25 maggio 2016, n. 10865).
Per le cause attinenti a materie che esulano dall’art. 1130 c.c., l’amministratore potrà anche costituirsi in giudizio autonomamente e, tuttavia, dovrà immediatamente munirsi di delibera assembleare che ratifichi (con effetto ex tunc) il suo operato: l’assenza dell’atto collegiale che munisce di poteri l’amministratore può essere rilevata d’ufficio dal giudice, che a tal fine può concedere termine ex art. 182 c.p.c. per consentire al condominio di deliberare in proposito, oppure può essere eccepito dalla ...