Dall’entrata in vigore del codice civile (con l’abrogazione dell’art. 26 del R.D. 15 gennaio 1934, n. 56) la competenza a decidere l’impugnazione di una deliberazione assembleare da parte di un condomino non appartiene più, ratione materiae, al Tribunale. L’art. 1137 c.c. fa riferimento genericamente all’‹‹autorità giudiziaria››, sicché il criterio per individuare il giudice competente è il valore, desumibile dalla delibera impugnata, salvo che l’oggetto di essa rientri nella competenza per materia di un determinato giudice, come ad esempio se la delibera concerne la misura e le modalità d’uso dei servizi di condominio di case (Cass. sez. 2, 15 dicembre 1999, n. 14078; Cass. sez. 2, 6 aprile 1995, n. 4009; Cass. sez. 2, 8 giugno 1963, n. 1540).
Le cause relative alla misura ed alle modalità d’uso dei servizi del condominio, di competenza per materia del giudice di pace, sono, in realtà, sia quelle che riguardano le riduzioni o limitazioni quantitative, ovvero l’estensione del diritto di godimento dei singoli condomini sulle cose comuni, sia quelle che concernono i limiti qualitativi, e cioè il modo di esercizio delle facoltà comprese nel diritto di comunione, in proporzione delle rispettive quote. Sono, quindi, assoggettate alle ordinarie regole della competenza per valore quelle aventi ad oggetto la contestazione della titolarità del diritto di comproprietà sulle cose comuni, o il regolamento dei rapporti economici derivanti dall’uso dei servizi.
Negli ultimi anni, l’orientamento della Corte di cassazione si è stabilizzato nel senso che, ai fini della determinazione della competenza per valore, in relazione a una controversia avente a oggetto il riparto di una spesa approvata dall’assemblea di condominio, anche se il condomino agisce per sentir dichiarare l’inesistenza del suo obbligo di pagamento sull’assunto dell’invalidità della deliberazione assembleare, bisogna fare riferimento all’importo contestato, relativamente alla sua singola obbligazione, ...