Il deal UE/UK
Dopo 4 anni di trattative, si chiude il primo capitolo di Brexit, con le parti – l’Unione Europea, da un lato, ed il Regno Unito, dall’altro – che, dopo aver formalizzato l’accordo di recesso, hanno finalmente trovato un incontro su una serie di aspetti amplissima, che coinvolge la governance e la pesca, gli investimenti ed i permessi di lavoro, sino ad arrivare, ovviamente, alle questioni fiscali che trovano in dogana il momento di massima estrinsecazione.
Ad ogni modo, l’approccio facilitatore voluto dalle parti con la chiusura dell’accordo porta per gli operatori delle specifiche agevolazioni per lo scambio di beni e rafforza la cooperazione sia in campo doganale, accise e Iva.
Sul piano delle agevolazioni doganali di sicuro interesse sono l’abbattimento dei dazi a zero quando i beni rispettino le regole d’origine preferenziale: dunque, le merci originarie dell’UE saranno spedite in UK senza pagare dazio a destino ed allo stesso modo verranno trattate le merci in arrivo nell’UE da UK, se originarie.
Inoltre, per gli operatori affidabili e titolari di una autorizzazione AEO è stata introdotta una regola di mutuo riconoscimento, superando le istruzioni che erano state emanate in precedenza dalle due parti. Infine sono state eliminate la quasi totalità delle quote che potevano limitare lo scambio di beni. Sul piano Iva e accise, importanti sono invece le regole di cooperazione che si realizzano con il mantenimento delle regole sullo scambio automatico delle informazioni e la possibilità di sviluppare dei controlli simultanei.
Infine, sempre in relazione alle regole di cooperazione, è stata riconfermata la partnership per la lotta alle frodi Iva e al recupero delle eventuali somme dovute a seguito di violazione delle regole di entrambe le parti.
L’accordo, che è contenuto nel documento del 25 dicembre scorso (COM (2020) 857 finale della Commissione Europea, se, da una parte, introduce, in relazione allo scambio di beni, una vera e propria area di libero scambio tra UK e UE, dall’altra conferma tutte le regole dichiarative e documentali proprie dei rapporti tra Paesi terzi.
Regole d’origine
I prodotti originari dell’UE o di UK, purché interamente ottenuti in un territorio ricompreso in tali giurisdizioni ovvero prodotti ottenuti partendo da merci originarie ovvero prodotti ottenuti anche con merci non originarie, ma che rispettino le condizioni riportate negli allegati all’accordo stesso non sono sottoposte a dazio perché sono riconosciuti come aventi origine preferenziale.
Abbastanza ampie sono le regole di cumulo che superano il limite bilaterale offrendo ulteriori possibilità di acquisire l’origine preferenziale, in ogni caso garantendo le lavorazioni cross border.
In questi casi è necessario che l’importatore acquisisca dal fornitore dell’altra parte una apposita dichiarazione che ne attesti l’origine e che a posteriori consenta la ricostruzione documentale della stessa, mentre la prova di origine sarà autocertificata dagli esportatori.
Barriere non tariffarie
Anche su questi ostacoli al commercio, che sono estremamente impattanti, sono previste sostanziali semplificazioni, molte su base fiduciaria. Per i prodotti a basso rischio, come avverrà per il vino, l’automotive, i chimici o i farmaceutici, gli operatori potranno autocertificare la compliance agli standard regolatori previsti dalle parti, che tuttavia rimarranno autonomi e separati con particolari focus sui prodotti alimentari, sanitari o fitosanitari.
Cooperazione e mutuo riconoscimento
Il testo dell’accordo prevede due specifici protocolli per la cooperazione amministrativa per combattere le frodi Iva e per l’assistenza doganale. Inoltre viene previsto espressamente il mutuo riconoscimento della qualifica di operatore economico autorizzato (AEO).
In relazione a questo ultimo punto l’accordo prevede che entrambi le parti mantengono una partnership nello specifico programma e fissano nell’allegato CUSTMS 1 tutte le regole che devono rispettare gli operatori per essere qualificati AEO. Di fatto le regole non modificano l’attuale assetto dell’istituto e, quindi, gli operatori già AEO possono già dal 1° gennaio 2021 ottenere il mutuo riconoscimento anche se l’autorizzazione è stata rilasciata dall’altra parte.
Operazioni a cavallo del periodo 2020-2021
Con la prova del trasporto iniziato prima dell’uscita di UK dall’UE, a determinate condizioni le merci possono ancora considerarsi vincolate ad un regime libero, senza formalità doganali; con la realizzazione di Brexit, infatti, i momenti maggiormente critici per le imprese saranno essenzialmente due, uno legato alla gestione delle attività 2020/2021 ed un altro legato alla pianificazione del business per assorbire i maggiori costi derivanti dall’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea.
Sul piano doganale, le disposizioni fondamentali sono contenute nell’Accordo di recesso, per cui, con formula forse volutamente generica e per alcuni versi criptica, sarebbe deciso che le norme del codice doganale dell’UE relative ai beni che si considerano immessi in libera pratica, si applicano alle merci che circolano tra UE e UK e viceversa, purché la circolazione abbia avuto inizio prima del 31 dicembre 2020. Quanto precede è confermato anche dai documenti di lavoro TAXUD in materia, per cui “le merci unionali che, verso la fine del periodo di transizione, circolano con movimento intra-Unione dal Regno Unito verso l'Unione o viceversa possono essere ancora trattate come movimento intra-Unione, purché siano rispettate le disposizioni dell’accordo di recesso. Questa regola si applicherà anche alle merci unionali che circolano tra due punti del territorio doganale dell'Unione attraverso il Regno Unito”. A tal fine, però, quando le merci si presenteranno in dogana, la persona interessata deve dimostrare: i) che gli spostamenti sono iniziati prima della fine del periodo di transizione e si sono conclusi successivamente; ii) che le merci hanno la posizione doganale di merci unionali. A tal fine, la prova dell’inizio dello spostamento prima della fine del periodo di transizione deve essere fornita con documento di trasporto o qualsiasi altro documento che indichi la data in cui è iniziato lo spostamento, includendovi la parte dell’attraversamento della frontiera. Nella maggior parte dei casi si tratta della data in cui il vettore ha preso in consegna le merci per il trasporto; oppure della data in cui le merci sono prese in consegna da uno spedizioniere che si assume la responsabilità delle merci e che successivamente incarica un vettore. Sono d’esempio, tra gli altri, le CMR, la lettera di vettura CIM, la polizza di carico, la polizza di carico multimodale o la lettera di vettura aerea.
Nello stesso senso di apertura e, soprattutto, di efficientamento nell’ottica di non ingessare il mercato è anche l’appuramento dei regimi doganali accesi nel 2020 ed in esito nel 2021; se le merci sono in una custodia temporanea o vincolate ad un regime come ad esempio il deposito doganale, e ciò è avvenuto in territorio UK, l’appuramento può avvenire con un solo movimento di vincolo doganale nell’UE; non ci sarà bisogno, insomma, di appurare un regime nel sistema doganale UK e poi rispedire le merci in UE, o viceversa, apprezzando il legislatore il momento di vincolo e di attivazione del regime e non quello di chiusura ed appuramento.
Ovviamente, quanto precede potrebbe suggerire la necessità di cogliere la chance di un transfer anticipato, almeno in partenza, di beni dall’UE a UK, soprattutto nell’ipotesi realizzatasi di accordi di libero scambio e dunque per evitare a destino i dazi sui beni non originari. Viceversa, per la stessa Commissione Ue, “se, all’arrivo alla frontiera tra l'Unione e il Regno Unito dopo la fine del periodo di transizione, l'operatore economico non è in grado di fornire le rispettive prove, le merci saranno trattate come merci di paesi terzi, vale a dire quando le merci saranno immesse in libera pratica nel territorio doganale dell'Unione dovranno essere pagate le rispettive obbligazioni doganali.
La prassi delle Dogane – la circolare n. 49/2020
L’Agenzia Dogane Monopoli si attrezza per la Brexit, per il momento predisponendo delle linee guida per gli esportatori e semplificando i processi di appuramento dei regimi doganali. Con la circolare n. 49/2020, infatti, vengono predisposti nuovi modelli per l’esecuzione delle pratiche export in house presso le imprese cedenti merci con destinazione UK e chiarite alcune procedure che fino ad oggi hanno preoccupato non poco il mercato che tuttavia, ancora oggi, permane purtroppo in una situazione di generale incertezza.
Ad ogni modo, la premessa sistematica per affrontare Brexit consiste nel fatto che, dal 1 gennaio 2021, l’entrata e l’uscita di merci tra l’UE ed il Regno Unito saranno assoggettate alle regole unionali relative ai Paesi terzi e quindi tutti i movimenti di merci tra le parti, oggi in libera circolazione, dalla data del recesso dovranno essere vincolati ad importazione, esportazione o allo specifico regime riferibile all’operazione che s’intende realizzare, configurandosi, se del caso, la necessità di ottenere una specifica autorizzazione. È il caso, ad esempio, delle imprese di manutenzione, riparazione, lavorazione, trasformazione che oggi operano senza alcuna formalità doganale e, dopo il recesso, dovranno attivare regimi specifici ad esempio di perfezionamento attivo o passivo. Per queste ipotesi, la Dogana ha previsto la possibilità di richiedere autorizzazioni anticipate fin da subito, manifestandosi disponibile, in alternativa, al rilascio di autorizzazioni retroattive, anche se qui il dato normativo dell’art. 211 CDU appare piuttosto stressato in favore degli operatori.
Altro punto di grande interesse sta nella possibilità, per i soli esportatori, di ottenere in maniera rapida e semplificata delle autorizzazioni allo sdoganamento in house, presso i propri locali riconosciuti come luoghi approvati. Per ora, anche se sarebbe utile una sua estensione all’import, la facilitazione è riconosciuta solo per le operazioni attive, per le quali la Dogana propone un apposito formulario per l’ottenimento della specifica autorizzazione.
Sull’export, la circolare in commento precisa altresì che, per espressa e nota previsione del Codice doganale UE, di regola non è consentito presentare la dichiarazione di export presso un ufficio diverso da quello competente sul luogo di stabilimento dell’esportatore, salvo che le merci siano altrove consolidate o imballate e caricate e salve altresì eccezioni speciali di specifico interesse, come avviene per le lavorazioni, bassi valori o casi peculiari. Su questo la Dogana appare insistere particolarmente a beneficio del mercato, che può così decongestionare le dogane di uscita impropriamente coinvolte addirittura anche nelle rese EXW.
Un punto però di interesse sta nella corretta formalità da adempiere per l’esportazione. Di base, e questo sarà il flusso standard, le merci con destinazione UK saranno vincolate al semplice regime di esportazione, per cui un documento di accompagnamento doganale sarà emesso nel luogo di export ed il movimento si appurerà presso la dogana di uscita, che ad esempio può essere un aeroporto nazionale, ovvero un porto unionale, ovvero il tunnel della Manica per le merci via terra. In queste ipotesi, una volta giunte in dogana in UK, le merci sono sdoganate o vincolate ad un transito interno per giungere a destino, dunque con necessità di un nuovo documento. Avendo però sottoscritto la Convenzione sul Transito, UK potrà altresì ricevere merci con una esportazione abbinata a transito (EXT2), così come avviene ad esempio per le spedizioni in Svizzera. In questi casi, con un solo documento le merci potranno giungere a destino, anche se in questo caso verrà impegnata la garanzia dell’operatore o dello spedizioniere che verosimilmente dovrà essere rivista al rialzo (con conseguenti maggiori costi), vista la mole di operazioni che dal 2021 coinvolgerà gli scambi UE/UK.