Lavoratore domestico: nozione
Il rapporto di lavoro domestico per la sua particolare natura si differenzia, sia in relazione all'oggetto, sia in relazione ai soggetti coinvolti, da ogni altro rapporto di lavoro: esso, infatti, non è prestato a favore di un'impresa avente, nella prevalenza dei casi, un sistema di lavoro organizzato in forma plurima e differenziata, con possibilità di ricambio o di sostituzione di soggetti, sibbene di un nucleo familiare ristretto ed omogeneo; destinato, quindi, a svolgersi nell'ambito della vita privata quotidiana di una limitata convivenza.
In ragione di tali caratteristiche, proprie al rapporto, la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 27 del 1974, ha già evidenziato, in via di principio, la legittimità di una disciplina speciale anche derogatoria ad alcuni aspetti di quella generale. Tutto ciò non ha escluso peraltro - e non esclude - che i lavoratori domestici non debbano essere considerati come una categoria professionale, nei cui confronti non va negato - ma deve essere anzi affermato - il ricorso alla disciplina collettiva. Proprio per tali ultime considerazioni, la Corte Costituzionale, con sentenza n. 68 del 1969 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 2068, comma secondo, c.c. che sottraeva i rapporti di cui trattasi alla disciplina della contrattazione collettiva.
Sicché, allo stato, la legge n. 339 del 1958 - constatata la evoluzione di un sistema nel cui seno per l'innanzi l'autonomia privata era si manifestata solo tendenziale - costituisce un'altra fonte (cfr. cit. sentenza n. 68 del 1969) nella regolamentazione dei rapporti di collaborazione familiare in parte attribuita, ora, anche alla contrattazione collettiva. Infatti, il ccnl 8 settembre 2020, dall’accordo di rinnovo 28 settembre 2020 e 12 febbraio 2021, disciplina, in maniera unitaria per tutto il territorio nazionale, il rapporto di lavoro domestico. Il contratto si applica agli assistenti familiari (colf, badanti, babysitter ed altri profili professionali, anche di nazionalità non italiana o apolidi, comunque retribuiti, addetti al funzionamento della vita familiare e delle convivenze familiarmente strutturate, tenuto conto di alcune fondamentali caratteristiche del rapporto.
Certificazione Unica
L’art. 32, comma 6, del ccnl 8 settembre 2020, rinnovato dall’accordo di rinnovo 28 settembre 2020 e 12 febbraio 2021, stabilisce che il datore di lavoro deve rilasciare un'attestazione dalla quale risulti l'ammontare complessivo delle somme erogate nell'anno; l'attestazione deve essere rilasciata almeno 30 giorni prima della scadenza dei termini di presentazione della dichiarazione dei redditi, ovvero in occasione della cessazione del rapporto di lavoro. Da ciò si deduce che il datore di lavoro deve consegnare la certificazione unica.
La certificazione è costituita in due parti:
- nella prima parte sono indicate:
1) i dati anagrafici del datore di lavoro,
2) il codice fiscale di datore e del collaboratore,
3) il periodo di riferimento della Cu,
4) il numero dei giorni di detrazione (che comprendono anche i giorni non lavorativi e di ferie);
- nella seconda parte sono indicate:
1) retribuzione lorda comprensiva di 13esima;
2) contributi Inps a carico collaboratore;
3) contributi Cassa Colf a carico del collaboratore imponibile fiscale (netto);
4) TFR corrisposto (anche tramite anticipi).
Dichiarazione sostitutiva CUD compensi corrisposti - modello anno 2021 compensi corrisposti periodo d’imposta 2020
Il/la sottoscritto/a……………………….…………………., nato/a a ……………………………………………..…….. (……..) il………………………….. e residente in……………….……………….….… (…) in via……………………………………………..………, n. …. C.F.…………………………………………………………………………
dichiara
di aver corrisposto nell’anno ……… per il periodo dal…/……/……… al …../……/………
Al/la lavoratore/trice………………………………………………………………. nato/a ……/………/………a……………………………………nazionalità………………………………………. residente a…………………, in Via…………………………………………….., n. ….., codice fiscale……………………………………………………… i seguenti compensi per prestazioni di lavoro domestico:
Retribuzione lorda €. ………..
(meno) contributi INPS carico lavoratore € ………..
Netto corrisposto € ………..
Compensi Erogati a titolo di TFR
Trattamento Fine Rapporto di €……… anno/i ………….
Data…../…../…...
In fede
…………………
Per ricevuta (il/la lavoratore/trice domestico/c)
Data …../…./………
Firma
……………
Sanzioni e mancata presentazione della dichiarazione dei redditi
Il lavoratore domestico è obbligato a fare la dichiarazione dei redditi, utilizzando la Certificazione Unica, salvo, nell’ipotesi in cui ha un reddito complessivo inferiore agli 8.000 € annui.
Nel caso in cui il lavoratore domestico non presenti la dichiarazione dei redditi, ai sensi dell’art. 1 del d.lgs. 471/1997 si applicheranno sanzioni amministrativa, che possiamo così sintetizzare:
- nei casi di omessa presentazione della dichiarazione: si applica la sanzione amministrativa dal centoventi al duecentoquaranta per cento dell'ammontare delle imposte dovute, con un minimo di euro 250. Se non sono dovute imposte, si applica la sanzione da euro 250 a euro 1.000. Se la dichiarazione omessa è presentata dal contribuente entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d'imposta successivo e, comunque, prima dell'inizio di qualunque attività amministrativa di accertamento di cui abbia avuto formale conoscenza, si applica la sanzione amministrativa dal sessanta al centoventi per cento dell'ammontare delle imposte dovute, con un minimo di euro 200. Se non sono dovute imposte, si applica la sanzione da euro 150 a euro 500. Le sanzioni applicabili quando non sono dovute imposte possono essere aumentate fino al doppio nei confronti dei soggetti obbligati alla tenuta di scritture contabili;
- se nella dichiarazione è indicato, ai fini delle singole imposte, un reddito o un valore della produzione imponibile inferiore a quello accertato, o, comunque, un'imposta inferiore a quella dovuta o un credito superiore a quello spettante: si applica la sanzione amministrativa dal novanta al centoottanta per cento della maggior imposta dovuta o della differenza del credito utilizzato. Tale sanzione è ridotta di un terzo quando la maggiore imposta o il minore credito accertati sono complessivamente inferiori al tre per cento dell'imposta e del credito dichiarati e comunque complessivamente inferiori a euro 30.000. La medesima riduzione si applica quando l'infedeltà è conseguenza di un errore sull'imputazione temporale di elementi positivi o negativi di reddito, purchè il componente positivo abbia già concorso alla determinazione del reddito nell'annualità in cui interviene l'attività di accertamento o in una precedente. Se non vi e' alcun danno per l'Erario, la sanzione e' pari a euro 250;
se nella dichiarazione sono esposte indebite detrazioni d'imposta ovvero indebite deduzioni dall'imponibile, anche se esse sono state attribuite in sede di ritenuta alla fonte: si applica la sanzione amministrativa dal novanta al centoottanta per cento della maggior imposta dovuta o della differenza del credito utilizzato. Ta sanzione è aumentata della metà quando la violazione è realizzata mediante l'utilizzo di documentazione falsa o per operazioni inesistenti, mediante artifici o raggiri, condotte simulatorie o fraudolente.