La vicenda
In una causa instaurata per violazione delle distanze tra due fabbricati, il giudice di primo grado accoglie la domanda e condanna il convenuto a demolire o ad arretrare la sua costruzione fino alla distanza legale di 10 metri dalla prospicente parete finestrata dell’edificio frontistante, collocato ad una distanza (pari a circa 7,50 metri) inferiore a quella minima di 10 metri, prescritta dall’art. 9 del D.M. n. 1444 del 1968.
Investita dell’impugnazione da parte del soccombente, la corte d’appello, in via preliminare, esamina l’istanza dell’appellante, volta a far dichiarare cessata la materia del contendere, sulla base dell’allegazione dell’avvenuta alienazione dell’immobile a terzi, ai quali la emananda sentenza non sarebbe stata opponibile in difetto della trascrizione della domanda di controparte. L’istanza viene rigettata e i giudici di secondo grado confermano la sentenza del tribunale.
Il due volte soccombente nei gradi merito propone ricorso per cassazione, deducendo, come principale motivo, la violazione e falsa applicazione dell’art. 111 c.p.c., in relazione agli artt. 2653 e 873 c.c., per avere la Corte d’appello errato nel non dichiarare la cessazione della materia del contendere, ritenendo sussistente un’ipotesi di successione particolare nel diritto ai sensi dell’art. 111 c.p.c. Secondo la prospettazione del ricorrente, poiché l’art. 111 c.p.c. fa salve le norme relative alla trascrizione, la domanda avanzata nei suoi confronti doveva essere trascritta, ai sensi dell’art. 2653 c.c., n. 1, c.c., per poter poi opporre la sentenza di riduzione in pristino ai terzi aventi causa.
La decisione della Suprema Corte
La Corte di cassazione procede, trattandosi di passaggio logicamente preliminare, alla qualificazione della domanda proposta dagli attori in primo grado, diretta a denunziare la violazione delle distanze legali da parte del proprietario del fondo vicino e ad ottenere l’arretramento della ...