E’ quanto statuisce una recente ordinanza della Corte di Cassazione (Cass. civ. II, 19 marzo 2021 n. 7874 rel. Scarpa) a fronte del ricorso di un amministratore di condominio, revocato prima della naturale scadenza del mandato a cui, dapprima il Giudice di Pace di Palermo e poi il Tribunale della stessa città in sede di gravame, avevano riconosciuto il diritto al compenso sino all’esaurimento del rapporto ma non il risarcimento del danno ai sensi dell’art. 1725 c.c.; i giudici del merito avevano fondato la propria decisione sulla circostanza che tale norma in tema di mandato non fosse applicabile all’ipotesi dell’amministratore di condominio, figura cui doveva invece ritenersi applicabile l’art. 2237 c.c. in tema di professioni intellettuali.
La pronuncia di legittimità ha avuto eco fra taluni commentatori vicini al mondo professionale degli amministratori, che vi hanno immotivatamente ravvisato una portata innovativa riguardo ai diritti del professionista revocato, mentre sotto tale profilo la Corte riprende orientamenti già espressi dalle sezioni unite nel 2004 (e che nel provvedimento odierno sono espressamente richiamate).
Il vero pregio del provvedimento pare invece più quello di inquadrare con nitidezza lo statuto normativo e interpretativo a cui ricondurre l’amministratore di condominio che, alla luce della novella del 2012 e della normativa in tema di professioni non ordinistiche (L. 14 gennaio 2013 n. 4), deve essere qualificato come un mandatario soggetto alla specifica disciplina di cui agli artt. 1129 e 1130 c.c. e non come un prestatore d’opera intellettuale.
Il giudice di legittimità è netto nello smentire l’applicabilità all’amministratore di condominio delle norme in tema di professioni intellettuali - con ciò censurando quanto invece statuito dai giudici di merito in primo e in secondo grado - ed in particolare nel ritenere la revoca dell’amministratore di ...