Con l’ordinanza n. 7874 del 19 marzo 2021, la Corte di Cassazione ha ricostruito la natura del contratto che lega l’amministratore al condominio, negando all’attività svolta dal primo la natura di prestazione d’opera intellettuale ed individuando negli articoli 1129, 1130 e 1131 c.c. i tratti tipizzanti di un contratto a cui si deve applicare, in via residuale, la disciplina del mandato. Su questi presupposti ha, pertanto, riconosciuto all’amministratore revocato senza giusta causa prima della scadenza del termine il diritto al risarcimento ex art. 1725 c.c.
La pronuncia in commento ha suscitato la reazione di quanti, da tempo, sostengono il carattere intellettuale dell’attività prestata dall’amministratore a favore del condominio e affermano, conseguentemente, l’applicabilità al relativo contratto della disciplina di cui agli artt. 2229 ss. c.c., con tutto ciò che ne consegue in punto di responsabilità professionale (art. 2236 c.c.), misura del compenso (art. 2233 c.c.), personalità della prestazione (art. 2232 c.c.).
Svariati panegirici relativi alla figura dell’amministratore condominiale hanno messo in evidenza il fatto che la costante evoluzione della disciplina normativa, non solo in ambito prettamente condominiale, ma anche in ambito fiscale e amministrativo, nonché il diffondersi di tecnologie nuove e complesse, rendano sempre più spesso necessario conferire l’incarico di amministratore a soggetti altamente specializzati ai quali si richiede un aggiornamento continuo.
Anche la pronuncia in commento, del resto, prende atto dei requisiti di onorabilità e professionalità che all’amministratore di condominio sono richiesti dallo stesso legislatore che all’articolo 71-bis delle disposizioni attuative, introdotto dalla legge n.220 del 2012, ha stabilito che tale incarico può essere rivestito solamente da soggetti che abbiano il godimento dei diritti civili; che non siano stati condannati per delitti contro la P.A., l’amministrazione della giustizia, la fede pubblica il patrimonio od ogni altro ...