Il processo
La vicenda in esame trae origine dal ricorso di una condomina la quale, lamentando la violazione delle distanze previste dall'art. 890 c.c. in combinato disposto con l'art. 32 del Regolamento edilizio del Comune, chiedeva ai sensi dell’art. 1170 c.c., la rimozione della canna fumaria realizzata nel dicembre 2003 da un altro condomino sul tetto del proprio edificio, adiacente alla finestra della ricorrente. Il convenuto eccepiva come il manufatto era esistente fin dal 1967 e che, nel dicembre del 2003, era stato interessato da un intervento di manutenzione che non ne aveva alterato la precedente funzione; chiedeva, altresì, l'accertamento dell'acquisto per usucapione del diritto a mantenere la canna fumaria in quella posizione e a quella distanza.
Il Tribunale adito rigettava la domanda attorea, ritenendo insussistente alcuna lesione della situazione possessoria invocata dalla ricorrente fondando il proprio orientamento su un'esegesi dell'art. 32 del Regolamento edilizio comunale, concludendo per la conformità del manufatto alla prescrizioni urbanistiche, dimostrata dal fatto che la canna fumaria del convenuto si erge, rispetto alla falda del tetto sul quale è ubicata, per un'altezza ben superiore a quella minima di 1 metro e che la stessa, essendo di 0,87 m. più alta della finestra della ricorrente, non doveva rispettare da quest'ultima la distanza minima di 10 m. stabilita dall'art. 32 del Regolamento Edilizio.
In appello la soccombente lamentava che il giudice di prime cure avesse rapportato l'altezza minima della canna fumaria prescritta dal Regolamento comunale alla porzione di tetto o terrazza nella quale la stessa risulta inserita, dovendosi invece - come comprovato dall'elaborato peritale del CTU e dai pareri adottati dall'Azienda U.S.L. -, prendere in considerazione il c.d. "colmo del tetto", cioè la parte più alta dell'intero fabbricato e non già il tetto di copertura della porzione ...