La legge di conversione 11 settembre 2020 n. 120 che ha convertito con modificazioni in legge il D.L. Semplificazioni, all’articolo 37, è intervenuta anche con alcuni emendamenti al CAD (Codice dell’amministrazione digitale – D.Lgs. n. 82/2005); in particolare, la posta elettronica certificata è stata sostituita dal domicilio digitale ed è stato previsto l’obbligo per imprese già costituite in forma societaria e professionisti, di comunicare entro il primo ottobre 2020, al registro delle imprese e ai rispettivi ordini e collegi professionali nel caso di professionisti, il proprio domicilio digitale qualora non vi abbiano già provveduto.
In caso di mancata comunicazione, quindi a coloro che non adempiono a tale obbligo di comunicazione entro il 1° ottobre 2020 o il cui domicilio digitale sia stato cancellato dall'ufficio del registro delle imprese, la norma applica la sanzione amministrativa pecuniaria, di cui all’art. 2630 c.c. in misura raddoppiata (da 103 euro a 1.032 euro).
L'ufficio del registro imprese, contestualmente all'irrogazione della sanzione, è inoltre tenuto ad assegnare d'ufficio un nuovo e diverso domicilio digitale per il ricevimento di comunicazioni e notifiche, attestato presso il cassetto digitale dell'imprenditore, erogato dal gestore del sistema informativo nazionale delle Camere di commercio.
Molte imprese e professionisti si sono pertanto domandati se la nuova disposizione normativa, sostituendo il domicilio digitale alla posta elettronica certificata, intendesse qualcosa di diverso rispetto alla PEC (Posta elettronica Certificata), la cui dotazione era peraltro stata resa obbligatoria dal Decreto Legge n. 179/2012 (sebbene istruzioni in merito fossero contenute nella Legge n. 2/2009) per aziende e professionisti e se dunque le partite iva fossero obbligate a nuove incombenze informatiche.
In verità e almeno per il momento, quando si parla di domicilio digitale si intende ancora la posta elettronica certificata.
Quello che ha fatto il ...