L’ordinanza n. 31251/2021 della Corte di cassazione
La Suprema Corte di cassazione, con l’ordinanza in commento, si è occupata del tema relativo all’oggetto dell’onere della prova richiesto dagli artt. 2056 e 1226 c.c. nei casi in cui la perdita relativa al mancato guadagno di un’attività commerciale sia causata da infiltrazioni provenienti da un’area di pertinenza condominiale.
Nel caso in esame, la società attrice gestiva un’attività commerciale nella medesima area in cui insistevano diversi condomini e citava in giudizio questi ultimi per vedersi riconosciuta il diritto al risarcimento in via equitativa dei danni cagionati dalla fuoriuscita di liquami fognari da una condotta di scarico di loro pertinenza, situata sotto al pavimento dei locali aziendali. In particolare, la società istante lamentava che la fuoriuscita dei predetti liquami avesse causato danni alla merce che si trovava all’interno del negozio e la chiusura forzata del locale per cinque mesi, necessaria per la riparazione del guasto, così determinando una sospensione provvisoria dell’attività di vendita, poi definitivamente cessata.
Il Tribunale di Sanremo rigettava la domanda risarcitoria avanzata, osservando come nel caso in esame non fosse possibile procedere ad una liquidazione equitativa del danno ex art. 1226 c.c., in quanto lo stesso avrebbe potuto essere provato nel suo preciso ammontare qualora la parte ricorrente avesse fornito ulteriori dati fattuali, ragionevolmente in suo possesso, idonei a dimostrare l’entità del pregiudizio lamentato.
La predetta motivazione veniva confermata dalla Corte di appello di Genova, che in sede di gravame aveva ravvisato la descritta carenza probatoria e la conseguente insussistenza dei presupposti richiesti dall’art. 1226 c.c. per procedere alla valutazione equitativa del danno.
Avverso detta pronuncia la società proponeva ricorso per cassazione articolato in quattro motivi, con cui deduceva, tra gli altri, la violazione e falsa applicazione dell’art. ...