1. Premessa.
La Seconda Sezione Civile della Suprema Corte, con l’ordinanza n. 1849/2022, dopo una breve ma puntuale disamina della disciplina della comunione e del condominio in vigore prima della promulgazione del vigente Codice, chiarisce, confermando la consolidata interpretazione, qual è l’ambito di operatività della presunzione legale di comunione sancita dall’art. 1117 c.c. con particolare riferimento alle aree scoperte insistenti tra corpi di fabbrica di un edificio e di più edifici.
Il Supremo Consesso ribadisce quindi il principio secondo il quale l’art. 1102 c.c. consente al condomino l’utilizzo della cosa comune in modo diverso dal suo normale uso, a condizione però che tale particolare utilizzo non pregiudichi i diritti degli altri partecipanti alla comunione.
2. Il fatto.
La Corte d’Appello di Venezia confermava la sentenza emessa dal Giudice di prime cure con la quale, rigettando la domanda attorea, era stata accertata la comunione della corte identificata al NCEU di Verona al foglio x, mappale y, in quanto accessoria alle proprietà delle parti in giudizio, rilevando come tale corte servisse indistintamente non solo le unità che alla medesima avevano accesso diretto, ma anche quelle che dalla stessa ricavavano luce ed aria. La Corte d’Appello riteneva corretta la decisione del Tribunale sul punto, in quanto gli attori non avevano prodotto un titolo idoneo a superare la presunzione di comunione di cui all’art. 1117 c.c. e comunque non era possibile distinguere tra chi usava la corte come parcheggio, avendone accesso diretto, da chi invece utilizzava lo spazio per trarne luce ed aria.
Il Giudice di secondo grado chiariva inoltre che l’accertata illegittimità dell’abbattimento del muro che divideva la suddetta corte dalla proprietà esclusiva dell’autore di tale demolizione non si fondava sulla presunzione di comproprietà del muro medesimo ai sensi ...