Il caso ed i motivi del ricorso
Nella fattispecie esaminata dalla Corte di Appello di Milano, l’imputato era stato condannato in primo grado per il reato di stalking e per quello di lesioni dal Tribunale della medesima città per aver molestato e minacciato con diverse condotte un condomino.
In particolare, l’imputato era stato ritenuto responsabile per aver insultato più volte durante le assemblee condominiali la persona offesa; per averlo seguito ed aggredito più volte negli spazi comuni condominiali; per aver innaffiato senza alcun motivo le finestre del suo appartamento ed in una occasione danneggiando altresì il parquet; per aver insultato la persona offesa a seguito della caduta di una camicia nel suo balcone; per aver impedito in una occasione alla persona offesa di far accesso all’ascensore dello stabile.
Queste condotte, protrattesi dal marzo fino all’agosto del 2018, avevano indotto la persona offesa a mutare le proprie abitudini di vita, al punto tale da non adoperare più l’ascensore e trascorre più weekend possibili lontano dalla sua abitazione.
Nel giudizio di primo grado, il Tribunale di Milano aveva ritenuto pienamente attendibile la persona offesa, anche alla luce di diversi riscontri rinvenuti nelle dichiarazioni dei vicini. Dal quadro probatorio a disposizione, il Tribunale aveva ricostruito gli estremi di una intollerabile convivenza condominiale subita dalla persona offesa, che si vedeva costretta a modificare numerose abitudini di vita, tra le quali gli orari di ingresso e di uscita dall’abitazione e, come già detto, il modo di trascorrere i fine settimana.
In merito all’elemento soggettivo, il giudice di prime cure aveva accertato l’esistenza, in capo all’imputato, di una piena consapevolezza del carattere vessatorio delle proprie condotte, integrando così il dolo generico richiesto dalla fattispecie incriminatrice.