La vicenda
Nel 1959, a valle di una catena di acquisti originata nel 1922 dalla vendita operata dal costruttore di un edificio a vari acquirenti di diverse unità abitative (divenuti, per questo, condòmini), viene ceduta anche l’area edificabile che sovrasta il primo piano.
L’acquirente, sfruttando la facoltà edificatoria, costruisce un secondo piano e una mansarda, provocando la reazione della proprietaria di una bottega al pianterreno, di metà androne e di scantinati, la quale agisce in giudizio per ottenere il pagamento dell’indennità di sopraelevazione ex art. 1127, comma 4, c.c., peraltro già riconosciuta a favore di altra condomina nei confronti del medesimo convenuto, il quale si era difeso in quel primo giudizio chiedendo l’accertamento della sua proprietà esclusiva della colonna d’aria sovrastante il lastrico solare, ciò che – a suo giudizio – lo avrebbe esonerato dal pagamento di qualsivoglia indennità.
Il Tribunale accoglie la domanda, con sentenza confermata dalla corte territoriale, la quale, in accoglimento parziale dell’appello, si limita a ridurre l’importo dell’indennità riconosciuta.
Investita del ricorso contro la decisione di secondo grado, la Suprema Corte non offre appigli al tentativo del condomino che ha eseguito la sopraelevazione di sottrarsi al pagamento dell’indennità.
Il diritto di sopraelevazione e la relativa indennità (cenni)
Ai sensi del comma 1 dell’art. 1127 c.c., il diritto di sopraelevare spetta al proprietario dell’ultimo piano oppure, con prevalenza sul primo, al proprietario del lastrico solare sovrastante, salvo che risulti altrimenti dal titolo. Quest’ultimo è da intendersi come l’atto da cui ha avuto origine il condominio, senza escludere, però, un regolamento condominiale approvato dall’assemblea all’unanimità (Cass. 6 dicembre 2012, n. 15504), che potrebbe costituire un una servitù altius non tollendi.
La natura del diritto ...