Il fatto.
Alcuni condomini di uno stabile condominiale, costituito da due edifici (edificio “A” ed edificio “B”), stipulano un accordo che pone le spese per il rifacimento del tetto dell'edificio “B” anche in capo ai condòmini dell’edificio “A”. Successivamente, uno dei condòmini dell’edificio “A”, vende la sua unità immobiliare ad un terzo, che la acquista libera da garanzie reali, trascrizioni, vincoli, oneri e senza menzione di eventuali accordi o regolamenti condominiali. Deliberati i lavori, l’assemblea approva il consuntivo e pone le spese per il rifacimento del tetto dell’edificio “B” anche in capo al condòmino acquirente dell’edificio “A” che, tuttavia, non aveva sottoscritto l’accordo di ripartizione delle spese in deroga ai criteri di cui all’art. 1123 c.c.. Nondimeno, il condòmino acquirente, considerata l’urgenza dei lavori, paga l’importo delle spese, pur non avendo sottoscritto il precedente accordo. Successivamente, senza impugnare la delibera assembleare, il condòmino acquirente agisce dinnanzi al giudice di pace verso l’alienante per ottenere il rimborso della somma da egli versata in favore del Condominio, o in subordine l’indennizzo di cui all’art. 2041 c.c., deducendo che il suo dante causa, convenuto in giudizio, aveva sottoscritto l’accordo e poi gli aveva venduto l’immobile senza farne menzione.
La vicenda è talmente tanto complessa da aver ispirato tre diverse ricostruzioni giuridiche.
La ricostruzione giuridica del Tribunale, in funzione di giudice di appello.
Il Tribunale qualifica l’accordo sottoscritto dai condòmini e posto a fondamento del riparto delle spese per il rifacimento del tetto di copertura dell’edificio “B” come convenzione ex art. 1123, comma 1, c.c. in deroga al regime di suddivisione legale delle spese condominiali.
Difatti, i commi 1 e 2 dell’art. 1123 c.c. delineano il criterio di riparto legale delle spese condominiali secondo il criterio ...