La vicenda
Un ingegnere chiede ed ottiene un decreto ingiuntivo per il compenso a lui dovuto per attività di progettazione e direzione dei lavori di manutenzione di un edificio condominiale.
Nell’opporsi al titolo monitorio, il condominio propone una serie di doglianze attinenti al merito dell’operato del professionista, chiedendo in riconvenzionale il risarcimento di danni asseritamente subiti.
L’opposizione al decreto ingiuntivo viene rigettata dal tribunale, unitamente alla domanda risarcitoria.
Proposto appello, la Corte territoriale dichiara inammissibile il gravame del condominio, non avendo lo stesso prodotto l’autorizzazione dell’assemblea alla proposizione dell’impugnazione, che pure era stata richiesta con ordinanza ex art. 182 c.p.c. nel corso del giudizio di secondo grado.
Contro questa statuizione ricorre il condominio soccombente.
I giudici di legittimità, nell’accogliere il ricorso, colgono l’occasione per tratteggiare un breve memorandum relativo alla legittimazione dell’amministratore ad impugnare le sentenze sfavorevoli al condominio, ricostruendo il costante insegnamento della propria giurisprudenza.
Non è in discussione, dice la Corte, l’applicazione dell’art. 182, comma 2, c.p.c., da parte della Corte d’appello. In base a questa norma, infatti, il giudice, quando rileva un difetto di rappresentanza, di assistenza o di autorizzazione, assegna alle parti un termine perentorio per la regolarizzazione e quest’ultima, anche in favore dell’amministratore privo della preventiva autorizzazione assembleare, come della ratifica, può operare in qualsiasi fase e grado del giudizio, con effetti ex tunc (Corte di cassazione, 16 novembre 2017, n. 27236).
Piuttosto è discutibile che tale regolarizzazione, nel caso di specie, sia davvero necessaria.
La legittimazione attiva dell’amministratore
La legge n. 220 del 2012, che ha riformato la materia del condominio, non ha innovato la disciplina in tema di rappresentanza del condominio, in quanto non ha inciso sul contenuto precettivo dell’art. 1131 ...