La fattispecie
La causa nasce dall'impugnativa di una delibera assembleare di approvazione del rendiconto anno 2017 da parte di un condomino che aveva a sua volta amministrato lo stabile sino al marzo 2017, allorché l'assemblea lo revocava dall'incarico. L'attore censurava una serie di incongruità e incoerenze presenti nel bilancio approvato relativo alla gestione ordinaria dell'anno 2017, rispetto alla contabilità da egli stesso redatta per la gestione precedente anno 2016; in particolare evidenziava una inspiegabile diminuzione dell’importo del fondo a titolo di Tfr e del fondo di accantonamento e un aumento della passività nonché una discrepanza di cassa tra l'avanzo della gestione 2016 e la cassa riportata ad inizio gestione 2017; infine, l'attore sottolineava una duplicazione di spese riferite al consumo dell'acqua ripartita tra i condòmini. La causa veniva istruita con CTU disposta per la verifica delle censure mosse dall'attore al deliberato impugnato ed all’esito della stessa, confermativa delle obiezioni sollevate dall’istante, il Tribunale Capitolino annullava la delibera impugnata di approvazione del bilancio.
La decisione
Il Tribunale di Roma ribadisce che «il principio fondamentale da seguire nella redazione del rendiconto è quello della chiarezza ed intellegibilità che ha lo scopo di facilitare la verifica ed il controllo dei dati da parte dei condòmini che, generalmente, non hanno specifiche competenze nella lettura dei bilanci». La sentenza richiama di poi la duplice funzione del rendiconto evidenziata dalla Suprema Corte di Cassazione (sentenza 3892 del 19 febbraio 2017) «non solo quale documento contabile essenziale, ma anche quale atto di verifica sull'operato dell'amministratore», il quale deve uniformarsi ai criteri della buona amministrazione in quanto il rapporto tra l'amministratore ed i condòmini è legato da un contratto di mandato, dove il mandatario (amministratore) ha l'obbligo di presentare al mandante (i condòmini) il «rendiconto del ...