Il caso
In un condominio minimo di tre condomini, uno di questi installava un sistema di videosorveglianza con diverse telecamere posizionate in modo da riprendere le aree comuni ma anche spazi di esclusiva proprietà del condomino Tizio, detenendone in via esclusiva e discrezionale la regia. Tizio si rivolgeva al Tribunale invocando tutela del suo diritto alla riservatezza e per l’effetto chiedendo la rimozione delle telecamere ed il risarcimento del danno stimato nella somma di € 10.000,00 nonché dei danni non patrimoniali per il mancato godimento delle parti comuni limitato dalle telecamere. Il convenuto si difendeva assumendo che le telecamere riprendessero solo spazi comuni e non anche privati e che erano state installare per ragioni di sicurezza dovendo salvaguardare la propria dimora specificatamente da Tizio, accusato di aver tenuto condotte di rilevanza anche penale; assumeva altresì che l’installazione era avvenuta con il consenso della restante condomina con la quale raggiungeva il valore millesimale dei 2/3 dei comunisti.
Il Tribunale Partenopeo, nel risolvere la controversia, ricorda innanzi tutto come la videosorveglianza all’interno di un condominio può essere sia privata che condominiale. Con quella privata, non soggetta al consenso altrui, la ripresa deve essere circoscritta agli spazi privati e non può estendersi all’altrui proprietà o agli ambienti comuni. Quella condominiale, invece, è ammissibile solo in relazione all’esigenza di preservare la sicurezza di persone e la tutela di beni da concreti pericoli ed è un’innovazione deliberata in assemblea. Osserva il Tribunale come il convenuto, riconoscendo le riprese su parti comuni ed invocando il presupposto consenso del terzo condomino, negava si trattasse di impianto privato, qualificandolo piuttosto di interesse condominiale, omettendo però la produzione della delibera assembleare o del consenso dell’attore, individuato anzi come il soggetto dal quale doversi proteggere. In difetto di consenso, il trattamento ...