Quando si parla di equity crowdfunding, la mente corre alle start up innovative e infatti questo strumento di finanza agevolata, letteralmente “ricerca di capitali presso la folla (il pubblico)” era inizialmente destinato alle sole Start up e PMI innovative, le uniche a potersi permettere, secondo quanto stabilito dal Decreto Crescita bis (Decreto legge n. 179/2012), di utilizzare piattaforme digitali appositamente create e accreditate presso CONSOB, per raccogliere finanziamenti presso il pubblico indistinto.
La disciplina italiana sull’equity crowdfunding, nel tempo, ha subito diverse modifiche, fino a che, grazie al Decreto Legge 24 aprile 2017 n. 50, questo nuovo meccanismo di raccolta fondi da parte di una persona giuridica, è stato esteso a quelle società di capitali (SpA, Srl) che conservano i limiti dimensionali di una PMI.
Ma cos’è di fatto l’equity crowdfunding? Quali sono le regole per il suo funzionamento? Come investire tramite questo strumento? E quali diritti ottiene il socio investitore?
L’equity based crowfunding permette alla “folla” degli investitori, anche appartenenti alla categoria retail, di entrare, attraverso internet, in alcuni casi, anche con un investimento minimo, nel capitale di rischio di una società, diventandone socio e semplificando, di fatto, l’articolata procedura tradizionale che, per investire e diventare socio in un’impresa, prevede la necessità di conoscere i soci per accedere all’assemblea degli stessi, disporre di una certa quantità di capitale e gravarsi di tutta una serie di documenti e procedure notarili.
L’introduzione nel nostro ordinamento dell’equity crowdfunding si deve, come già accennato, al Decreto Crescita bis (d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con modificazioni dalla Legge 17 dicembre 2012, n. 221) che, intervenendo sul T.U.F., ha fornito la definizione di portale per la raccolta di capitali tramite piattaforme on line e che, assieme al Regolamento Consob n. 18592/2013 e ...