La mediazione finalizzata alla conciliazione, come inquadrata dal Decreto Legislativo 4 marzo 2010, n. 28, è uno strumento di definizione stragiudiziale delle dispute che da oltre dieci anni propone un percorso differente - per costi, tempi, modalità di svolgimento e gestione, riservatezza, esito del procedimento - rispetto al tradizionale accesso alla giustizia nelle aule degli organi giudicanti (in senso ampio, vedi in dottrina BOVE, Più incentivi e mediazione ampliata: la riforma resta a metà del guado, in La riforma del processo civile, Milano, 2022, 114; LUISO, Istituzioni di diritto processuale civile, Torino, 2018, 182 e segg.; DALFINO, Mediazione civile e commerciale, in Commentario del codice di procedura civile a cura di Chiarloni, Bologna, 2016, 84 e segg.; DANOVI, in La cultura della mediazione e la mediazione come cultura, di Danovi e Ferraris, Milano, 2013, 8 e segg.).
La previsione di un preventivo tentativo obbligatorio di mediazione, di cui all’art. 5, comma 1-bis, del citato D.lgs. 28/2010 (comma inserito dall’art. 84, comma 1, lett. c-bis), D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013, n. 98), da esperire quale condizione di procedibilità della relativa domanda giudiziale, riguardava tutta una serie di materie, tra cui quella condominiale. Quest’ultima è stata presa in esame dal legislatore per la delicatezza e quotidianità dei rapporti esistenti tra i condomini, meritevoli di essere gestiti attraverso un preventivo tentativo di mediazione. Nella relazione illustrativa all’originario testo del D.lgs. 28/2010 veniva espressamente menzionato l’esempio dei rapporti condominiali, “in cui la coesistenza forzosa dei comproprietari consiglia, se non addirittura impone, la ricerca di soluzioni facilitative, che consentano in ogni caso di riavviare la convivenza condominiale al di là della decisione del singolo affare”.
La previsione di un tentativo obbligatorio di mediazione in materia condominiale è ...