La Novella in disamina ha lasciato all’amministratore di condominio il “fardello” di scegliere l’organismo di mediazione a cui rivolgersi e/o il mediatore da preferire - dovendo accertare i requisiti ora prescritti dal D.M. 150/2023 e il piano tariffario applicato -, sottoponendo ai condòmini i maggiori costi discendenti dalle spese di avvio, dalle indennità di mediazione, all’onorario dell’avvocato da egli prescelto prima facie. Si tratta di un nuovo quadro di responsabilità gestionale: che integra un mandato nel mandato. Un nuovo paradigma funzionale che trasla il “ruolo” dell’amministratore da rappresentante di volontà a nuncius di interessi. In ciò si può anche cogliere una “nuova” opportunità professionale. Non si dovrà rimanere stupiti se, fra qualche anno (anzi, tra qualche mese…), le categorie degli amministratori lamenteranno una aumento del carico di lavoro e richiederanno, ai propri associati, di parametrare questa nuova incombenza in sede di preventivo, ai condòmini, in modo di valorizzarne il rilievo e l’entità in modo fisso e duraturo.
Le cause condominiali potrebbero aver subito una battuta d’arresto, ma a generarla contribuirebbe più che un efficace intervento solutore del legislatore, l’incompletezza della novella appena varata.
L’entrata in vigore della riforma Cartabia (D.Lgs. 10 ottobre 2022, 149) ha inciso nella fase endo-procedimentale delle controversie in esame e ha aggiunto altri tasselli a quello principale contenuti nella legge di riforma della magistratura onoraria (D. Lgs. 13 luglio 2017, n. 116).
Basti pensare alla modifica dell’articolo 7 del Codice di procedura civile, laddove demanda a far da data dal 31 ottobre 2025, l’intera materia alla competenza per materia dell’ufficio del giudice di pace (“È competente qualunque ne sia il valore: … 2) per le cause in materia di condominio negli edifici, come definite ai sensi dell'art. 71-quater delle disposizioni per l'attuazione del codice civile; […])