Il caso affrontato da Trib. Mi, sez. lav., 20 settembre 2023, n. 2967, dott.ssa Moglia
La sentenza in esame affrontava il caso di un dipendente, il quale a seguito di un ingiustificato trasferimento presso in un’altra filiale della società veniva adibito a mansioni inferiori rispetto a quelle a lui riconosciute da contratto nonché a seguito di contestazione disciplinari (ritenute dallo stesso ingiuste) il lavoratore decideva di dimettersi per giusta causa.
Nello specifico, a seguito della cessione del ramo d’azienda, il lavoratore era stato assunto come capo reparto della macelleria dalla società con il medesimo inquadramento della precedente azienda (II livello CCNL); contestualmente veniva disposto il suo trasferimento dal negozio di Milano, al negozio di San Colombano al Lambro, distante circa 70 KM, con turni spezzati da lunghe pause, tuttavia il reparto di macelleria al quale doveva essere assegnato, non era concluso e dunque veniva adibito al reparto di gastronomia con mansioni di mero addetto alle vendite; successivamente il 19 marzo 2021 avveniva la prima contestazione disciplinare (per utilizzo del cellulare durante l’orario di lavoro) dichiarata poi illegittima dal giudice del Tribunale di Lodi; il 18 maggio 2021 veniva nuovamente ripreso con contestazione disciplinare per supposta manomissione della sega ossi; infine il 17 settembre riceveva un’altra contestazione per non aver dato seguito alle richieste di una cliente. Sul punto, il dipendente decideva di rassegnare le proprie dimissioni per giusta causa e la società tratteneva l’indennità di preavviso.
Il ricorrente depositava un ricorso dinanzi al Tribunale milanese per vedere accolte le seguenti conclusioni: «accertare e dichiarare la sussistenza di condotte vessatorie, demansionanti e comunque idonee ad integrare la fattispecie di mobbing o comunque la violazione degli artt. 2087, 2103, 1175 e 1375 cod. civ., a decorrere dalla sua assunzione (01/11/2020) sino alle dimissioni per ...